Orgoglio della gastronomia italiana, dichiarata nel 2017 patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco, la pizza napoletana è sicuramente il piatto più famoso al mondo. Nel nostro Paese ne mangiamo circa 8 chili l’anno a testa e, secondo una ricerca commissionata da Eataly, il 60% degli italiani la porta in tavola almeno una volta alla settimana, mentre il 15% anche più spesso. La ricetta più amata? In vetta alle classifiche resta sempre la versione tricolore, a base di pomodoro, mozzarella e basilico, creata nel 1889 dal pizzaiolo Raffaele Esposito come omaggio alla Regina Margherita.
Sinonimo di condivisione e appagamento
Al di là del suo pregio gastronomico, la pizza ha indubbiamente un indiscutibile valore sociale. Chi non ha mai pasteggiato con questo cibo in occasione di una rimpatriata tra amici, un evento sportivo o un festeggiamento? «La pizza è un piatto trasversale, che mette d’accordo tutti: si adatta ai gusti di ciascuno, va bene in tutte le stagioni, piace ai più grandi e ai più piccoli. Ed è anche un cibo in cui si riflette la nostra identità nazionale, le nostre radici. Per questo, rispetto ad altri piatti, ha un valore aggiunto in termini di aggregazione e condivisione» commenta Paola Scalari, psicosocioanalista.
«Senza contare che a rendere la pizza la regina delle tavole, contribuiscono ovviamente anche gli aspetti psicologici. Certamente i suoi colori e i suoi profumi sono particolarmente adatti a coinvolgere il nostro cervello, così come l’associazione con piacevoli momenti di convivialità». Ma non solo. Secondo alcuni studiosi sarebbe paragonabile a una vera propria droga alimentare. Lo sostengono i ricercatori dell’Università del Michigan per i quali la pizza è il cibo che più di tutti crea affezione. Il motivo va ricercato nel suo mix di ingredienti, in particolare i carboidrati, che stimolano la produzione di serotonina e le proteine del latte, che intervengono sulla produzione di dopamina, neurotrasmettitori capaci di attivare i circuiti cerebrali del benessere e della gratificazione.
Come inserire la pizza nella dieta
Insomma, la pizza fa bene alla nostra felicità. «Ma è anche un piatto che può dirsi completo dal punto di vista nutrizionale, in quanto contiene carboidrati, la base della pizza, proteine, fornite dalla mozzarella, e lipidi derivanti dall’olio d’oliva. Ci sono poi gli antiossidanti e le fibre presenti nel pomodoro. È quindi un alimento capace di fornirci i macro e micronutrienti importanti» commenta Barbara Borzaga, specialista in scienza dell’alimentazione.
Certo, è sempre meglio non eccedere, considerando che una pizza margherita di medie dimensioni, ovvero tra i 250 e i 300 grammi apporta 7-800 calorie, a cui vanno aggiunte quelle di eventuali ulteriori ingredienti.
Come gustarla allora in un’alimentazione bilanciata e senza appesantire troppo l’introito calorico? «Innanzitutto concedendosela una volta a settimana. Due volte vanno bene per chi pratica attività sportiva a livello agonistico. Altro consiglio: nell’attesa che venga sfornata, non vanno ordinati bruschette, antipasti fritti o conditi con salse varie: al massimo due fettine di prosciutto crudo sgrassato o di carpaccio di pesce. Meglio ancora è far precedere la pizza da un piatto vegetariano, come un’insalata mista o verdure alla griglia: in questo modo si aumenta la quota di fibre che rallenta l’assorbimento degli zuccheri e dei grassi. Sarebbe inoltre meglio evitare di unire altri carboidrati a quelli della pizza, ma se al dessert proprio non si può dire di no, una coppetta ai frutti di bosco, uno spiedino o un sorbetto di frutta sono le alternative migliori, rinfrescanti e con apporto calorico contenuto».
Per la stessa ragione bisognerebbe fare attenzione a quello che si beve quando si mangia la pizza: trattandosi di un piatto piuttosto saporito, può favorire la sete e l’acqua è la scelta migliore. L’abbinamento con la birra è il più apprezzato, ma può creare gonfiori a causa della presenza di lieviti che fermentano nello stomaco assieme alla pasta della pizza. La soluzione è accontentarsi di una birra piccola e puntare su un prodotto di qualità, per esempio artigianale. Da evitare invece le bibite gasate, decisamente troppo zuccherine.
Pizza surgelata, una valida alternativa
Se non hai tempo di impastare, stendere, farcire e infornare, ti vengono in aiuto le versioni sottozero, pronte in una manciata di minuti. Ecco cosa cercare in etichetta se punti alla qualità.
La pizza surgelata ha cominciato a essere commercializzata negli Stati Uniti a partire dagli anni Cinquanta e da allora ha conosciuto un successo crescente ovunque, Italia compresa. Ma come orientarsi nella scelta? Sicuramente guardando con attenzione gli ingredienti e i metodi di lavorazione e cottura indicati sulla confezione. «Ci sono produttori che utilizzano farine integrali, olio extravergine di oliva, mozzarella (e non formaggi alternativi di qualità inferiore), bufala e sugo di pomodori italiani» spiega la nutrizionista. «La lievitazione raggiunge tempi paragonabili a quelli delle migliori pizzerie (fino a 24 ore) e la cottura spesso avviene in forni a legna. Sono tutti elementi indice di cura e qualità che fanno della pizza surgelata un prodotto ottimo dal punto di vista nutrizionale. Un consiglio? Scegliere la versione margherita e aggiungere poi ingredienti freschi per personalizzarla».
La scelta della nutrizionista. Maria Paola Dall’Erta, la nostra biologa-chef ha scelto la pizza surgelata Senatore varietà Cappelli di Le Stagioni D’Italia per realizzare le sue versioni di “giropizza wellness”. Perché l’ha preferita? I pomodori sono made in Italy, la farina è prodotta con antico grano Senatore varietà Cappelli e con grano 100% italiano (disponibile anche in versione integrale). Inoltre la pizza è fatta lievitare per 24 ore e cotta su pietra in forno a legna.
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