di Francesca Guerini Rocco
Arriva dall’America, ma non ha niente a che fare con il caffè americano, e si gusta freddo, come una bibita. È il cold brew, il caffè estratto con un processo che varia da 5 fino anche a 24 ore e che ha fatto breccia nell’estate. E promette di conquistare anche l’autunno.
Fresco, meno amaro dell’espresso e da aromatizzare a piacere, perfetto da solo o come base per drink e aperitivi, il cold brew (noto anche come cold press o toddy coffee) è proposto da un numero sempre crescente di locali, a prezzi più alti della classica tazzina (tra i 2,5 e i 4 euro).
DOVE LO TROVI
A Milano c’è la Torrefazione italo brasiliana Cafezal che usa miscele rigorosamente “specialty” (monoorigine e sostenibili). A Palermo la pasticceria Vabres abbina la cassatina al suo cold brew certificato dalla Specialty Coffee Association. Per degustazioni “slow” a Roma c’è la Torrefazione Faro, mentre l’Orso Laboratorio Caffè di Torino è specializzato in metodi di estrazione particolari e la Ditta Artigianale di Firenze vende persino online le macchine per prepararlo (dittaartigianale.it).
E in tutta Italia ci sono i locali Illy che offrono una lunga lista di cold brew alla spina, che va dal Coconut Mojito Cold Brew al vegano Fresco Veg (trovi l’elenco su www.illy.com/it-it/company/ landing/cold-brew).
COME SI OTTIENE
Ma il cold brew lo trovi anche in bottiglia da sorseggiare quando e dove vuoi: lo propongono Hausbrandt, Caffè Vergnano e Nespresso, con due limited edition: Ispirazione Salentina e Ispirazione Shakerato.
Non immaginare, però, il solito caffè shakerato o il caffè in ghiaccio salentino. Il cold brew non si ottiene raffreddando un espresso caldo, ma filtrando il liquido dalla polvere di caffè con un processo lunghissimo di gocciolatura a freddo (i bar lo preparano la sera prima).
Per farlo si usa Toddy, una macchina a colonna con tre contenitori: sopra c’è quello per l’acqua fredda e il ghiaccio, al centro quello per il macinato con filtri e valvole che regolano la velocità di gocciolatura e sotto una caraffa da circa un litro che raccoglie la bevanda. Il caffè viene attraversato dall’acqua una goccia alla volta.
IL PARERE DELLA NUTRIZIONISTA
«Grazie al processo a freddo tutti gli aromi (anche quelli più delicati) vengono esaltati», spiega la dottoressa Diana Scatozza, specialista in scienza dell’alimentazione. «Inoltre si conservano alcuni acidi grassi che nella versione calda vanno persi».
Ecco perché il caffè freddo è molto profumato e meno amaro di quello caldo. «Ed è anche meno acido, a tutto beneficio per i denti, che non vengono aggrediti. L’importante, però, è non abusarne: bevendone maggiori quantità rispetto alla classica tazzina espressa, si rischia di assumere più caffeina senza rendersene conto».
Il cold brew, poi, ha un altro vantaggio: «Mantiene il suo sapore e le sue qualità più a lungo, quindi si può conservare in frigorifero e consumare anche dopo due o tre giorni», conclude l’esperta.
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Articolo pubblicato sul n. 39 di Starbene in edicola dall'11/9/2018