Il 40% degli europei inizia la giornata con una tazzina di caffè. Ma a questo imprescindibile rituale sono legati falsi miti legati a possibili effetti collaterali. Come, per esempio, la credenza che faccia male al cuore. «Si era diffusa, molto probabilmente, in seguito ai primi studi europei sul tema, condotti in Scandinavia, dove però la preparazione è diversa rispetto alla nostra: la polvere si fa bollire in acqua e non viene filtrata.
Questo comporta il rilascio di sostanze ipercolesterolemizzanti che, nel tempo, hanno alimentato la convinzione che potesse far male al cuore», spiega Andrea Poli, direttore scientifico di Nutrition foundation of Italy. Fortunatamente la ricerca scientifica ha posto questa bevanda sotto una nuova luce, contribuendo a evidenziarne i benefici.
Una bevanda ricca di sostanze protettive
Secondo i dati dell’Institute for scientific information on coffee, diffusi in Italia dal Consorzio promozione caffè, la maggior parte dei consumatori abituali, per esempio, non sa che il caffè può ridurre del 25% il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 e del 27% di ammalarsi di Alzheimer.
«Inoltre, numerosi studi epidemiologici suggeriscono un’associazione tra consumo e diminuzione del rischio cardiovascolare. Berne moderatamente tutti i giorni avrebbe effetti protettivi», continua il nostro esperto.
«I vantaggi per la salute sono legati alle proprietà antiradicali liberi e antiossidanti dei polifenoli contenuti nei chicchi. In parte si sprigionano con la torrefazione, con importanti effetti protettivi su organi e tessuti».
Via libera anche alla caffeina
Le ricerche più recenti si sono concentrate, in particolare, sulla caffeina. l’Institute for immunity, transplantation and infection della Stanford University in California (Usa) ne ha evidenziato la capacità di bloccare la proteina IL-1-beta, che causa processi infiammatori;
la Società italiana di andrologia ha dimostrato che stimola, attraverso un particolare processo chimico, il tessuto erettile e agisce come una sorta di viagra naturale tanto da ridurre fino a un terzo il rischio di disfunzione; infine gli scienziati del Boston children’s hospital hanno dimostrato come sia efficace contro il dolore cronico, perché consente l’afflusso di dopamina al centro del piacere del cervello, alleviando così la sensazione di malessere.
Attenzione alla quantità
Gli effetti positivi naturalmente dipendono dalle tazzine consumate. Dopo aver esaminato più di 740 studi, gli scienziati del Life sciences institute (Usa) hanno stabilito che fino a 4 tazzine al giorno non ci sono rischi.
«Il limite da non superare per evitare controindicazioni è 300 mg di caffeina al giorno», precisa il dottor Poli. «Considerato che l’espresso del bar ne contiene circa 75 e il caffè della moka circa 80, ecco che non è consigliabile superare le dosi quotidiane consigliate dalla ricerca. Oltre, potrebbe esserci un rischio legato al consumo eccessivo di caffeina, che può comprendere, specie in chi non è abituato alla bevanda, tachicardia, nervosismo, difficoltà ad addormentarsi o una cattiva qualità del sonno».
L'ora giusta per berlo
La mattina è il momento ideale per assumere caffè, ma non appena svegli. I neuroscienziati della University of the health sciences del Maryland (Usa) hanno stabilito che l’ora ideale è tra le 9.30 e le 11.30, quando i livelli di cortisolo, l’ormone che ci tiene svegli, cominciano a calare. Prima, quando a causa della luce del giorno sono al massimo livello, la caffeina non avrebbe un effetto forte e indurrebbe l’organismo ad assuefarsi, portandoci poi a esagerare con le tazzine.
Come prepararlo
Per assicurarsi gli effetti benefici dei polifenoli, poi, è necessario che il caffè sia ben fatto.
«La fiamma troppo elevata che lambisce le pareti della caffettiera altera il caffè. Spesso poi non si fa attenzione al giusto livello di acqua e si pressa la polvere, ottenendo un alimento di scarsa qualità», spiega Luigi Odello, presidente dell’Istituto internazionale assaggiatori caffè e segretario generale dell’Istituto nazionale espresso italiano.
«Per chi usa macchinette con cialde o capsule il problema è la presenza di scorie quando si tiene premuto il pulsante di erogazione per tempi eccessivi. Se si vuole un caffè lungo, meglio fare un normale espresso e aggiungere acqua calda, lo stesso al bar», consiglia l'esperto.
Infine, per capire se il caffè del bar è ben fatto, c’è un trucco: «Calcola il tempo che passa dal momento in cui il barista aziona la macchina a quando termina l’erogazione e, poi, controlla quanto liquido c’è nella tazzina: vige la regola di circa 25” per 25 mm», conclude l'esperto.
E a proposito di tumori...
Solo un anno fa lo Iarc, l’agenzia dell’Oms dedicata alla ricerca sul cancro, ha scagionato il caffè dall’accusa di provocare tumori. Molti gli studi che mettono in relazione l’espresso con la riduzione del rischio tumorale.
Una ricerca su 7.000 uomini, condotta dall’Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia) con l’Istituto superiore di sanità, per esempio, ha dimostrato una riduzione del 50% delle probabilità di ammalarsi di cancro alla prostata per chi beve circa 3 caffè al giorno.
«Anche altre patologie tumorali, come quelle al colon e al fegato si riducono, probabilmente in virtù degli effetti dei polifenoli, che proteggono il Dna dai danni da radicali liberi o da elevato stress ossidativo», spiega Andrea Poli.
I benefici dei polifenoli superano di gran lunga quello potenzialmente negativo dell’acrilamide, una sostanza che si forma durante la torrefazione, in quantità minime (è presente anche in patatine fritte e pane) e di cui si è tornati di recente a parlare perché, negli animali, sarebbe cancerogena.
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Articolo pubblicato sul n. 27 di Starbene in edicola dal 20/6/2017