di Valeria Ghitti
Sono 30 milioni gli italiani che hanno problemi con il lattosio, lo zucchero presente nel latte e in molti suoi derivati. Ciò però non significa rinunciare a questa categoria di alimenti: oltre ai latticini delattosati, cioè privati della sostanza, ce ne sono molti che ne contengono piccolissime quantità o ne sono privi, come yogurt, latti fermentati e formaggi a lunga stagionatura (per esempio grana e parmigiano).
Ora è più facile riconoscerli grazie a specifici claim in etichetta: “naturalmente privo di lattosio”, che segnala cibi con meno di 0,1 g di lattosio per etto di prodotto e “naturalmente a ridotto contenuto di lattosio”, quando ce n’è tra 0,5 e 0,1 g per etto.
Alla base dell’intolleranza c’è una carenza dell’enzima lattasi (ipolattasia) necessario per assorbire il lattosio. «Nella maggior parte dei casi è genetica, ma può essere conseguenza, anche passeggera, di problemi intestinali (gastroenteriti, celiachia o altre malattie infiammatorie) », spiega Diana Scatozza, medico nutrizionista.
L’ipolattasia predispone alla comparsa dell’intolleranza, che si manifesta soprattutto in età adulta, perché alla carenza si associa il calo naturale della produzione di questo enzima nell’organismo. Non tutti gli ipolattasici però diventano intolleranti: dipende da vari fattori, tra cui la quantità di lattosio che si ingerisce abitualmente o dalle caratteristiche della flora batterica.
Gonfiore, dolori addominali, flatulenza, diarrea sono i sintomi tipici di chi ne soffre, associati a volte a irritabilità, nausea, mal di testa e disturbi del sonno. «Per una diagnosi sicura serve però il test del respiro che, analizzando l’aria espirata in un palloncino dopo aver bevuto lattosio, valuta la presenza o meno di idrogeno (prodotto dalla fermentazione intestinale del lattosio non assorbito).
Può anche essere associato a un test del Dna che scova l’ipolattasia genetica», dice il medico. Una dieta priva di lattosio è quello che viene prescritto, in genere, fino alla scomparsa dei sintomi. «Quindi, salvo i casi più gravi, gli alimenti che lo contengonovengono gradualmente reintrodotti fino a una dose-soglia cioè una quantità che non causa disturbi», continua Diana Scatozza. «Ciascuno ha la sua, ma la maggior parte degli intolleranti non ha problemi a ingerirne fino a 12,5 g al giorno», conclude l’esperta.
È meglio reinserire il lattosio nella dieta perché evitarlo del tutto è difficile: oltre che nei latticini, è contenuto in molti alimenti (insaccati, pane, prodotti precotti) ed è un eccipiente in molti farmaci. l’integratore che ti serve Se sei intollerante, ma non vuoi rinunciare a latticini &Co, puoi ricorrere agli integratori di lattasi in vendita in farmacia.
Contengono l’enzima estratto da lieviti o muffe, in compresse o capsule da prendere prima di un pasto. La dose raccomandata è di 4500 unità FCC a pasto (generalmente corrisponde a una compressa): presa circa venti minuti prima di consumare cibi contenenti lattosio, assicura la digestione completa dello zucchero e, quindi, elimina i sintomi dell’intolleranza, senza effetti collaterali né particolari controindicazioni.
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Articolo pubblicato sul n. 35 di Starbene in edicola dal 22/08/2016