Cappuccino e croissant a colazione? No, per carità. Meglio una tisana di zenzero, limone e un pizzico di bicarbonato. Le uova? Bandite, fanno alzare il colesterolo. Pasta o riso? Con il riso vai sul sicuro, è privo di glutine. Quanti falsi miti aleggiano sull’alimentazione? Un mare di pregiudizi, errate credenze che non hanno nessuna evidenza scientifica e che però condizionano (in peggio) il nostro stile alimentare. Per non parlare della moda delle diete Detox, dei regimi iperproteici e delle terapie dietetiche come la chetogenica che, per il noto effetto yo-yo, fanno riacquistare in breve tempo i chili persi, con in più gli “interessi” perché ci si ritrova con un peso superiore a quello iniziale.
A dire basta a questo modo di ragionare ci ha pensato Giulia Biondi, dottoressa in biologia della nutrizione, che con oltre mezzo milione di followers è presente su tutte le piattaforme social ed è diventata un’istituzione nel campo dell’educazione alimentare. Il suo asso vincente? Smantellare tutti i preconcetti che ci rovinano la vita (e ci fanno pure ingrassare), rivalutare la Dieta Mediterranea in chiave moderna, consentire alle persone di mangiare un po’ di tutto senza rinunciare a ciò che piace, tenendo bene in mente che non esistono cibi da abolire ed altri miracolosi e che il terrorismo alimentare è controproducente sotto tutti i punti di vista.
A Giulia Biondi, autrice del libro La dispensa di Bilanciamo (Sperling&Kupfer, 18,90 €), abbiamo rivolto alcune domande, per capire in cosa consiste il nuovo trend del permissivismo, dopo decenni di diete punitive.
Dottoressa, lei parte dalla valorizzazione della Dieta Mediterranea. Che cosa intende?
Intendo il modello alimentare ad oggi conclamato come migliore al mondo, che non esclude nessun alimento ma dà la precedenza a prodotti di origine vegetale come verdura, frutta, legumi, olio evo, noci, mandorle e nocciole, ma anche latte e yogurt, cereali e, in secondo battuta, carne, pesce, uova e formaggi. Non dimentichiamo che la Dieta Mediterranea nel 2010 è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio culturale immateriale dell’Umanità. Dobbiamo quindi ritornare alle origini, mangiare le cose più semplici e imparare a seguire uno stile alimentare sano e bilanciato. E ciò a prescindere dalla necessità di dimagrire. Se si impara a mangiare bene, la bilancia si riequilibra da sé.
Il metodo che ha ideato si chiama Bilanciamo. Perché?
Perché si riferisce a uno stile di vita globale, che comprende non solo la dieta ma anche l’attività fisica e il rispetto per il proprio benessere mentale. Come riportato dalle linee-guida della sana alimentazione, il metodo Bilanciamo insegna a perseguire un equilibrio nutrizionale che preveda una suddivisione dei macronutrienti in questo modo: 45-60% carboidrati, 25-35% grassi e 12-15% proteine.
Queste proporzioni possono essere seguite anche da chi deve dimagrire: evitano il problema di andare in stallo di peso (dimagrisci i primi giorni ma poi ti fermi) o di scivolare nel temuto effetto yo-yo, con oscillazioni della bilancia davvero deleterie. Oltre ai tre macronutrienti, bisogna sempre introdurre micronutrienti molto preziosi per la salute quali fibre, sali minerali e vitamine. E questi si prendono soprattutto dalla verdura (anche 2 porzioni da 250 g al giorno), dalla frutta (3 porzioni da 150 g al giorno) e attraverso la varietà di cibo che si porta in tavola.
Esempi su come comporre il 45/60% di carboidrati... Si può mangiare di tutto?
Tendenzialmente sì, le diete privative che depennano un cibo a vantaggio di altri, che non incontrano i nostri gusti, falliscono sempre. Il 45-60% di carboidrati si può raggiungere, ad esempio, con 80 g di pasta, riso, farro, orzo, avena, mais, amaranto, quinoa o grano saraceno al giorno, in base alle proprie preferenze. E non bisogna necessariamente seguire il diktat dell’integrale a tutti i costi: certo, le fibre contano ma se uno vuole farsi un bel risotto con il riso bianco ben venga. Primi a parte, è possibile mangiare un panino da 50 g due volte al giorno e, perché no, qualche mattina ci si può concedere anche il croissant a colazione, se è un rito di dolcezza che aiuta a iniziare la giornata con il piede giusto.
L’importante, tra i primi piatti, è variare il più possibile, non preparare sempre i soliti spaghetti perché ogni cereale ha delle caratteristiche nutrizionali diverse, che vanno esplorate perché solo il mix e le continue variazioni sul tema assicurano al nostro organismo tutte queste preziose sostanze. Circa la colazione c’è chi è abituato a consumare il muesli, una miscela di cereali in fiocchi, pensando (a torto) che sia un alimento leggero e salutare. In realtà, se si considera una porzione da 40 g di una colazione media, il muesli è equiparabile a dolcezze più gustose come i cereali al cioccolato, i biscotti o altri prodotti da forno. C’è poi chi preferisce la colazione salata, all’inglese. Va bene? Perché no? Teniamo però presente che occorre consumare al massimo 5 g di sale al giorno per evitare il rischio di ipertensione e di aterosclerosi (indurimento delle arterie). Se si parte con bacon e prosciutto già a colazione, che sono molto ricchi di sale, bisognerà poi regolarsi di conseguenza per il pranzo e la cena.
E che dire di quel 25-35% di grassi? Da cosa devono essere formati?
Iniziamo dai condimenti, anche se ovviamente i grassi non coincidono soltanto con questi ma sono nascosti in quasi tutti gli alimenti. Per condire io privilegio l’olio extra vergine di oliva, il principe della Dieta Mediterranea, nella misura di 2-4 cucchiai da minestra al giorno. Ma anche in questo caso non bisogna irrigidirsi: se c’è una ricetta che esige il burro, quel giorno potrà tranquillamente sostituire l’olio evo purché usato in quantità equivalente, intorno ai 10 g. Sei fuori a pranzo e ordini un avocado toast o ami le ricette con salmone e avocado?
Benissimo, nessuno te lo vieta. Ma sappi che l’avocado è ricco di grassi: ne bastano 45-50 g per raggiungere l’equivalente di un cucchiaio di olio. Circa il grasso nascosto negli alimenti consiglio di guardare sulla confezione la composizione nutrizionale di ciò che si sta per acquistare. Se si compra al mercato la mozzarella o la ricotta fresca che non sono confezionate, si possono consultare on line le tabelle nutrizionali del CREA (Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione), che è un po’ la bibbia di riferimento in quanto riporta la composizione di ogni alimento. È importante leggere le etichette, ma invito tutti a non fissarsi sul singolo prodotto “ideale” bensì a valutare il bilanciamento complessivo nell’arco della giornata.
E veniamo a quel 12-15% di proteine...
Anche in questo caso, massima libertà di scelta, nessun alimento va demonizzato tout court e inserito in una black list. Semmai è questione di quantità e di frequenza. Certi alimenti proteici vanno consumati spesso: per esempio 100 g di carne bianca e 150 g di pesce (compreso i crostacei) tre volte alla settimana, anche in forma di surgelati molto pratici da usare. Idem per le uova, a torto accusate di impennare il colesterolo: possono essere consumare da 2 a 4 alla settimana, seguendo il trucco di cuocere poco il tuorlo come nell’uovo in camicia. Così si assimila meno colesterolo. Carne rossa con moderazione, indicativamente non più di 100 g alla settimana.
Formaggi stagionati e semistagionati, anch’essi con moderazione, circa 50 g due volte alla settimana. Maggiori concessioni, invece, per quelli freschi: 100 g due volte alla settimana. Un discorso a parte meritano le carni processate e trasformate, come gli insaccati (prosciutto, salsicce, bacon, mortadella, wurstel), lo speck e la bresaola: 50 g alla settimana sono più che sufficienti perché la IARC (l’agenzia internazionale dell’OMS per la ricerca sul cancro) ha inserito le carni trasformate tra gli alimenti cancerogeni appartenenti al gruppo 1A, quelli certi. Limite di 50 g alla settimana anche per il pesce in scatola, come tonno o salmone, che sono ricchi di mercurio (un metallo tossico) e di sale. Meglio dare la preferenza ai pesci di taglia piccola, come il pesce azzurro, fresco o surgelato ma non in scatola.
A proposito di conservanti: la gente ha il terrore perché per decenni sono stati descritti come dei cattivoni. In realtà servono per mantenere inalterato il prodotto evitando che si degradi, e sono regolamentati dall’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare. Anche in questo caso bisognerebbe imparare a leggere le sigle: E 330 non è altro che l’acido citrico, antiossidante naturale che abbonda nei limoni.
Una domanda che interessa tutti: come si fa a dimagrire?
Difficile rispondere con una ricetta standard valida per ogni situazione, perché i fattori in gioco sono veramente tanti. Qual è il peso ideale? Dipende da quello di partenza, dalla corporatura (un conto essere alta 1.60 m un altro 1.75 m), dal sesso, dall’età (dopo i 60 anni il metabolismo rallenta), dallo stile di vita e, soprattutto, dal LAF, il livello di attività fisica praticata quotidianamente da ogni persona. Nel mio libro ho inserito delle tabelline e delle formule per calcolare il peso ideale in base a queste varianti.
Per prima cosa occorre calcolare il proprio metabolismo totale, dato dalla somma del metabolismo basale (l’energia consumata per respirare, far pompare il cuore ecc..) più il fabbisogno energetico individuale. Poi bisogna entrare in deficit energetico, cioè introdurre meno calorie di quelle necessarie, creando un piccolo gap tra le entrate e le uscite. Per esempio, se il metabolismo totale è stato valutato sulle 2000/2500 kcal al giorno, occorre sottrarre tra le 250 e le 350 kcal al giorno per la donna, e tra le 350 e le 500 kcal al giorno per l’uomo. Si tratta di un deficit calorico ben tollerato, che non ha niente a che vedere con le diete punitive e che conduce a una perdita di peso graduale e stabile, senza il rischio di andare in stallo. L’ideale, infatti, è riuscire a perdere dallo 0,7 all’1% del proprio peso corporeo alla settimana (per esempio, se si pesa 70 chili è perfetto perdere 600-700 g in sette giorni).
Normalmente i dietologi insistono sul fatto che bisogna rientrare in un BMI (il famoso indice di massa corporea, ottenuto dividendo il peso, in chilogrammi, per il quadrato dell’altezza, in metri) compreso tra 18,5 e 24,9. Ma io preferisco non essere così categorica. Seguendo uno stile di vita alimentare e motorio equilibrato, una donna può raggiungere un BMI pari a 26 e sentirsi soddisfatta. Se si sente bene nella propria pelle, i vestiti sono tornati morbidi, non ha più il fiatone a salire tre piani e i parametri ematici si sono normalizzati (colesterolo, trigliceridi, glicemia e insulina) può benissimo tenersi quei tre chiletti di troppo. L’importante è che abbia imparato a mangiare in modo bilanciato. Il benessere, poi, non si misura con i numeri.
Queste bontà non sono vietate!
• La pizza. Chi ha detto che non puoi mangiare una margherita media se sei a dieta? Apporta al massimo 1000 Kcal (esagerando!) e occorrono 7000 Kcal per ingrassare di un chilo.
• L'uva. È più zuccherina della mela... e allora? Ne mangerai un po’ di meno, ma non privartene se ti piace. Staccherai un grappolino da 150 g invece di affettare una grossa mela da 250 g.
• Cacio e pepe. Non rinunciare a questo piatto della tradizione: 80 g di pasta, 40 g di pecorino romano, pepe e acqua di cottura per amalgamare. È una ricetta equilibrata e completa. Poi mangerai un piatto di verdure.
Consigli per gli acquisti
Qualche consiglio pratico per organizzare al meglio gli acquisti, senza farci sedurre dal solito 3 X 2? «Sarà forse un metodo un po’ antiquato, ma io consiglio ancora di utilizzare la lavagnetta attaccata alla dispensa o al frigorifero dove tutti i membri della famiglia possono segnare ciò che manca e va acquistato», spiega la dottoressa Giulia Biondi.
«Al super bisogna girare tra gli scaffali con una lista precisa che contenga gli alimenti indispensabili (quelli che servono sempre e che, se mancano, vanno rimpiazzati) e quelli che servono per realizzare le ricette che si ha in mente di fare quel giorno o nei giorni successivi». Per una spesa consapevole, occorre non seguire la sirena delle promozioni, non lasciarsi ammaliare dai cibi iperproteici e infilare nel carrello meno scatolette possibili. E se si ha poco tempo per cucinare, i piatti pronti surgelati non vanno scartati tout court. Alcune aziende lavorano bene e una zuppa di legumi surgelata può risolvere brillantemente una cena.
(Foto Azzurra Primavera)
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