di Francesca Soccorsi
Va di moda la frutta secca in guscio. I nutrizionisti la inseriscono in tutti i piani alimentari, anche di chi deve perdere peso. Gli chef più quotati la declinano in versioni inattese: Heinz Beck farcisce il vitello con mandorle e pinoli, Pietro Leemann condisce il risotto integrale con nocciole e anacardi, Carlo Cracco avvolge il sedano in un trito di noci e mandorle.
Il Ministero della Salute la colloca fra i cibi indispensabili nell’ultimo vademecum per le Festività, dal titolo Regaliamoci salute. E intanto il fatturato del settore cresce. Nei primi mesi dell’anno è salito del 34,9% rispetto allo stesso periodo del 2015 (fonte: Fruitimprese su elaborazione dati Istat).
Eppure, in passato, la frutta secca poteva contare su pochi sostenitori, per via dell’elevato contenuto di grassi e, quindi, delle molte calorie. Come stanno le cose?
HA TANTI NUTRIENTI PREZIOSI
La frutta secca è un concentrato di sostanze utili all’organismo. Ha tante fibre, che favoriscono il transito intestinale, modulano l’assorbimento degli zuccheri e saziano.
Buone quantità di proteine, minerali (tra cui calcio, magnesio, potassio, selenio e zinco), vitamine (in particolare alcune del gruppo B e la E, potente antiossidante naturale), ma soprattutto grassi insaturi, come il linoleico, l’alfa-linoleico e l’oleico, importanti per la salute del cuore, perché regolano i livelli di colesterolo», chiarisce la dottoressa Cinzia Longobucco, biologa nutrizionista a Bari.
Il modo migliore per consumarla? A colazione, con una macedonia di frutta, oppure come snack del pomeriggio, accompagnata da una spremuta fresca.
OCCHIO ALLE PORZIONI
Però è innegabile che la frutta secca abbia molte calorie: 100 g ne forniscono in media 500-600. «Per questa ragione è bene non mangiarne più di 20-30 g al giorno, che corrispondono, per esempio, a 4-6 noci o a 12-15 mandorle», continua l’esperta.
Nella scelta, il consiglio è di puntare su quella non pelata (la pellicina contiene fibre e antiossidanti), non tostata (le alte temperature degradano la qualità dei grassi) e senza sale aggiunto. «Ancora meglio se si opta per la versione “intera”: il guscio protegge il frutto e lo conserva più a lungo», aggiunge Cinzia Longobucco.
NON FA SEMPRE BENE
Ci sono, poi, alcune categorie di persone che dovrebbero limitare molto il consumo di frutta secca: «In caso di gastrite e sindrome del colon irritabile, sgranocchiarne molta può peggiorare i sintomi», dice la nutrizionista.
Alcune varietà, infine, vanno evitate del tutto in caso di allergia: in cima alla lista dei potenziali allergeni ci sono, da sempre, le arachidi, che possono causare orticaria, asma o altri disturbi.
PREFERISCI QUELLA ITALIANA
Nella black list dei cibi più “inquinati”, stilata di recente da Coldiretti, compaiono alcune varietà di frutta secca di importazione: nocciole della Turchia, che presentano valori oltre il limite di aflatossine, arachidi della Cina e pistacchi iraniani e statunitensi, che sono contaminati da pesticidi e metalli pesanti. Si tratta di sostanze impossibili da invidividuare a occhio nudo.
«Il consiglio è quindi di acquistare solo prodotti italiani bio, per scongiurare almeno il rischio di assumere inquinanti chimici», dice Cinzia Longobucco. Evitare le aflatossine, invece, è difficile. Si sviluppano in ambienti caldo-umidi: occhio quindi al clima del Paese di produzione, ma anche a dove le acquisti e a come le conservi.
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Articolo pubblicato sul n.50 di Starbene in edicola dal 29/11/2016