Il medico Eran Elinav e l’informatico Eran Segal, del prestigioso Weizmann Institute of Science israeliano, non hanno dubbi: la messa a punto di una dieta mirata, per mantenersi sani e in peso forma, parte dalla misurazione della glicemia postprandiale (la quantità di zuccheri in circolo dopo che abbiamo mangiato).
I due ricercatori si rifanno al principio dell’indice glicemico (per dimagrire occorre preferire i cibi che lo hanno basso, cioè che fanno aumentare di poco gli zuccheri nel sangue), rendendolo più preciso e, soprattutto, personalizzato.
Tanti test per ogni cibo
Nello studio, che ha coinvolto più di 1000 persone dai 18 ai 70 anni, dimostrano come la stessa quantità di un medesimo alimento può determinare risposte glicemiche diverse. Per esempio, in alcuni partecipanti alla sperimentazione, il pane integrale, pur avendo un indice glicemico basso, aveva fatto innalzare il livello di zuccheri in circolo più di quello bianco. Da qui l’idea di testare i singoli cibi o i pasti completi, monitorando la glicemia sia prima sia dopo la loro assunzione.
Insulina sotto accusa
Ma perché gli scienziati del Weizmann Institute of Science hanno puntato tutto sulla rilevazione della glicemia?
La risposta è semplice. Lo abbiamo scritto più volte anche noi su Starbene: «Se la glicemia si alza troppo, il pancreas produce più insulina», spiegano nel loro libro. «Questo ormone trasferisce parte dello zucchero nelle cellule e nel fegato (perché venga utilizzato come fonte di energia) e trasforma il rimanente in grasso (usabile dall’organismo in caso di necessità). La glicemia si abbassa velocemente, la fame torna a farsi sentire, il corpo richiede altro cibo e il circolo vizioso si rimette in moto. Alla lunga, però, il pancreas non riesce più a tenere il ritmo, le cellule sviluppano un’insulino-resistenza: ostacolano l’ingresso allo zucchero, favorendo la comparsa del diabete».
Insomma: se la glicemia non è mantenuta costante, a rimetterci non è soltanto la linea ma anche la salute.
Monitorare i cibi non basta
«Gli scienziati israeliani hanno ragione: la risposta glicemica non è uguale per tutti, perché condizionata dal patrimonio genetico, dagli alimenti che portiamo in tavola e da quanto li mastichiamo», commenta la dottoressa Diana Scatozza, medico dietologo e consulente di Starbene da 20 anni.
«Sono d’accordo con loro anche quando dicono che mantenere costante il livello di zuccheri nel sangue è importante per prevenire le malattie. Ma se vogliamo dimagrire non basta rinunciare ai cibi che fanno impennare la nostra glicemia. Dobbiamo ridurre le quantità di ciò che mangiamo, non solo dei carboidrati ma pure dei grassi. E tenere conto, infine, dei disturbi (come il colon irritabile) di cui possiamo soffrire e che impongono modifiche inevitabili al menu», conclude la nostra esperta.
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Articolo pubblicato sul n. 9 di Starbene in edicola dal 13/02/2018