Digiuno intermittente: fa bene davvero? Cosa dicono gli esperti

Un nuovo studio americano punta il dito sul regime alimentare più di moda oggi: stando ai risultati chi lo segue metterebbe a rischio il cuore, altro che vivere più a lungo! Ma i nostri esperti ridimensionano l’allarme



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Digiunare non solo fa dimagrire ma fa bene alla salute, fino ad allungare la vita. Potrebbe essere questo lo slogan del regime alimentare più in voga negli ultimi tempi, il digiuno intermittente. Si tratta, come potete vedere nello schema qui sotto, di concentrare tutti i pasti della giornata in una fascia di 8 ore a scelta (nel nostro esempio è più vicina agli orari canonici di pranzo e cena) e, per il resto delle 24 ore, limitarsi a bevande non zuccherate.

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Si può fare per 2 o 5 giorni alla settimana, prolungandone la durata per qualche mese, a seconda di che scuola di pensiero si adotti. Un regime che nel nostro Paese ha suscitato un enorme interesse. Secondo un sondaggio 2024 di Euromedia Research (un istituto di ricerche di mercato), 8 italiani su 10 dichiarano di sapere che cos’è il digiuno intermittente, mentre il 15% degli intervistati (una donna su 5) lo ha provato: 2 su 3, poi, si sono detti soddisfatti dei risultati.

Insomma, la scoperta dell’acqua calda del “mangiare meno e digiunare di più fa dimagrire” (i veri “inventori” sono gli uomini delle caverne, che prima di potersi alimentare passavano anche intere giornate a cacciare senza mangiare) sembra essere apprezzata, ma ottiene anche l’effetto salutistico promesso?

Fino a ieri il semi-digiuno prometteva di migliorare il metabolismo, la glicemia, i livelli di colesterolo e quelli pressori, tanto da mirare a una vita più lunga bypassando i big killer dei giorni nostri, l’obesità, il diabete e le malattie cardiovascolari. Ma proprio per quest’ultime arriva la smentita da un recente studio presentato durante il meeting dell’Associazione dei Cardiologi Americani, che porta appunto a conclusioni opposte e allarmanti: chi mangia nell’arco di 8 ore e digiuna per 16 ha un rischio di morte per eventi cardiovascolari (ictus e infarto) più elevato di chi mangia regolarmente; quindi non allunga la sua speranza di vita, semmai la riduce. Apriti cielo!

La polemica si è scatenata fra difensori del digiuno e scettici delle formule alimentari prêt à porter della longevità. Il risultato: più confusione di prima. Perciò abbiamo chiesto a due grandi esperti in questo campo di fare chiarezza.


La ricerca delle polemiche

Le abitudini alimentari di 20 mila americani, selezionati attraverso il database dei Centers for Disease Control and Prevention USA (il famoso CDC), sono state analizzate da alcuni ricercatori, con particolare attenzione nei confronti di chi aveva adottato il digiuno intermittente.

Lo studio osservazionale, presentato al meeting dell’American Heart Association, ha confrontato la dieta dei digiunatori con i dati dei decessi nello stesso periodo: il rischio complessivo di morte è risultato non diminuito, ma addirittura aumentato rispetto a chi mangiava normalmente. La ricerca, hanno osservato alcuni, presenta dei limiti (un aspetto che viene messo in evidenza anche dal parere dei nostri esperti), va sicuramente approfondita e confermata da altri studi. Quindi niente facili allarmismi, per ora.


DIGIUNO INTERMITTENTE, 2 PARERI A CONFRONTO

  • Massimo Spattini: il digiuno intermittente è una buona scelta se segui una guida esperta


Il dottor Massimo Spattini, specializzato in medicina dello sport, scienza dell’alimentazione e vicepresidente ILSA (International Longevity Science Association), non ha mezze misure, boccia lo studio americano sotto tutti i punti di vista ed è favorevole al digiuno intermittente. Ma a certe condizioni.

Cos’è che non va nella ricerca anti-digiuno?

Intanto non è uno studio vero, ma la presentazione preliminare di un lavoro osservazionale i cui dati non sono ancora stati verificati e approvati. In più si basa su interviste, e non su una vera sperimentazione: i coinvolti in questa operazione sono persone che dicevano di non aver fatto colazione per due giorni consecutivi, che sono poi state inserite in un gruppo associabile al digiuno. Inoltre, è stato condotto fra il 2003 e il 2018, quando il digiuno intermittente ancora non esisteva. Siamo davvero fuori contesto perché, tra l’altro, viene qualificata come digiuno intermittente un’esperienza alimentare di soli 2 giorni.


Quindi lei è favorevole a questa pratica?

«Sì, se “cucita” sullo stile di vita di una persona da un professionista esperto, e adottata come regime alimentare 2-3 giorni alla settimana, per qualche mese. Ad esempio, chi tende a saltare la colazione (lo fanno molti uomini) fa già un certo tipo di digiuno, quindi è in linea di massima preparato, portato a questo tipo di approccio, che prevede molte ore dove è solo possibile bere. In ogni caso questo tipo di dieta è ok per periodi limitati».


Ma allunga la vita o no?

«Sicuramente, se fatta bene e sotto controllo medico (no ai personal trainer che la propongono, improvvisandosi nutrizionisti), controlla gli zuccheri e, quindi, abbassa la glicemia, prevenendo insulino-resistenza e diabete, ma anche il sovrappeso e il pericoloso grasso viscerale: questo è importante anche per il rischio cardiovascolare. Inoltre ha effetti antinfiammatori sistemici perché produce corpi chetonici, molecole rilasciate dal fegato durante il metabolismo dei grassi che vengono utilizzate come fonte di energia alternativa quando il glucosio, il principale carburante del corpo, è scarsamente disponibile. Questo accade in condizioni come il digiuno, appunto. Ovviamente il successo dipende da che cosa si consuma nei giorni di non digiuno, e lì la dieta mediterranea rimane la migliore, e dall’attività fisica».


Bisogna usare degli integratori?

«Non in maniera differente rispetto a chi segue una dieta normale poiché è equilibrata, soprattutto se fatta nell’ambito di quella mediterranea».


Chi non deve farla?

«Le donne in gravidanza e i giovani in fase di crescita».


  • Federico Vignati: il digiuno intermittente è ok per il cuore ma non fa dimagrire

Anche il dottor Federico Vignati, endocrinologo e dietologo, dal 2012 fa parte dell’Unità operativa di Endocrinologia e diabetologia dell’Ospedale Sant’Anna di Como, è abbastanza critico nei confronti dello studio americano. Riguardo al digiuno intermittente, invece, ha dei dubbi soprattutto sui suoi effetti dimagranti. E pure per il discorso longevità, sempre secondo lui, resta ancora molto da dimostrare.


Dottore, quali sono le sue perplessità su questa ricerca?

«Ha i limiti dello studio osservazionale: non può tenere conto di tutte le variabili fondamentali per stabilire con certezza se ci sono dei rischi o meno in un certo tipo di alimentazione. Trovo anche limitante il concetto che una singola modalità di dieta sia in grado di governare processi biologici complessi e fondamentali che dipendono certamente da quanto e cosa mangi, ma anche da come stai in quel momento, se fai attività fisica… Insomma, le variabili sono troppe per gridare all’allarme cardiovascolare o meno».


Quindi ok al digiuno intermittente?

«In linea generale una moderata e controllata restrizione calorica, soprattutto se bisogna perdere peso, è indispensabile. A me però non piacciono gli estremismi, quindi trovo troppo lunga una fase catabolica, cioè di deficit energetico, di 16 ore. Ma non sono neanche d’accordo col dogma che “costringe” le persone a fare 5 pasti obbligatori al giorno, spuntini compresi. In realtà la verità sta nel mezzo, ed è giusto che ci sia un'alternanza tra fasi Federico Vignati anaboliche (quando il corpo riceve sufficienti nutrienti) e cataboliche (restrizione). Mangiare tre volte al giorno è più che sufficiente per dare la giusta scansione, negli orari ai quali siamo abituati».


Digiunare fa vivere più a lungo?

«Una serie di evidenze scientifiche dice che la restrizione calorica, non il digiuno, negli animali sia longevizzante. Sbarazzarsi del grasso viscerale e del sovrappeso, poi, abbassa sicuramente i rischi per la salute. Il fatto di mangiare in orari precisi e ristretti è un vantaggio? Non è dimostrato, almeno per la parte cardiovascolare. Da un punto di vista ormonale, potrei dire possibile, ma i fattori chiamati in causa sono troppi e personali. Occorre fare più ricerca di tipo epidemiologico in questo campo».


E fa dimagrire?

«Nei primi 15 giorni. Poi non funziona più, nel lungo periodo: il metabolismo si adatta. Inoltre è un tipo di alimentazione difficile da reggere a lungo per la maggior parte delle persone, perché dipende molto dallo stile di vita e dai momenti di “fame”. La sua opportunità va valutata per ogni singolo individuo dallo specialista».


Chi può essere adatto a questo regime alimentare?

«Una persona giovane e sana, se i suoi bioritmi lo consentono e se si riesce a stabilire che lo tollererà bene. Ma deve sapersi ascoltare e conoscere i propri limiti, pronta a riferire al medico che lo segue nella dieta ogni problema, anche psicologico».



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