È l’intolleranza alimentare più diffusa, anche se non sempre nota. Secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità, i celiaci in Italia sono infatti circa 600 mila, ma solo 183 mila quelli che sanno di esserlo, perché i sintomi appaiono spesso sfumati e sovrapponibili a quelli di comuni disturbi gastrointestinali, come per esempio la colite.
I numeri, comunque, crescono costantemente: ogni anno, dicono le cifre dell’Associazione italiana celiachia (Aic), sono 10 mila le nuove diagnosi nel nostro Paese. Al momento non esistono cure e l’unica prescrizione è seguire una dieta di totale esclusione del glutine. «Non sono ammesse deroghe: questa proteina, contenuta in alcuni cereali, va eliminata del tutto.
Le trasgressioni sono assolutamente vietate, perché anche l’ingestione di piccole quantità può risultare dannosa», avverte la dottoressa Giulia Sturabotti,esperta in Nutrizione, igiene e medicina preventiva a Roma.
Una dieta per la vita
I cereali contenenti glutine, e quindi off limits per i celiaci, sono il frumento, il farro, l’orzo, la segale e l’avena. «L’indicazione di bandirli dalla propria dieta va seguita a vita, perché questa intolleranza su base autoimmune è una condizione irreversibile.
No, quindi, ad alimenti come pane, pasta e biscotti, ma anche a cibi “insospettabili”, nei quali il glutine è usato come additivo, per esempio la salsa di soia, alcuni dadi da brodo, piatti pronti come certi surgelati, i preparati a base di carne e perfino diversi insaccati.
Per essere sicuri che non ci sia glutine, è indispensabile controllare gli ingredienti in etichetta. La legge, poi, impone alle aziende di segnalare l’eventuale rischio di contaminazione accidentale nei processi di lavorazione.
Questo può accadere, per esempio, dove, insieme al riso, si confeziona la farina 00. Così, se sull’involucro si trova la dicitura “prodotto in uno stabilimento che utilizza anche glutine” oppure “può contenere tracce di glutine” è bene evitare», chiarisce la dottoressa Cinzia Longobucco, biologa nutrizionista a Bari.
Le fonti alternative
Il rischio, eliminando così tanti cereali dalla dieta, è che l’apporto di carboidrati diventi insufficiente. «L’alimentazione quotidiana deve contenerli per il 60%, quindi è fondamentale consumare nelle giuste quantità i cereali permessi.
Le opzioni non mancano: oltre al riso, puoi acquistare per esempio la pasta e le gallette di mais, il grano saraceno con cui preparare la polenta, l’amaranto o il miglio che ben si adattano alla realizzazione del couscous. Quanto al pane o ai cibi per la prima colazione, come i biscotti, in commercio c’è una grande varietà di prodotti sostitutivi.
L’elenco di quelli autorizzati è presente sul sito del Ministero della Salute e li riconosci perché sono contrassegnati dal marchio con la spiga barrata. I migliori sono realizzati con materie prime bio e, soprattutto, con meno ingredienti possibili.
Attenta, poi: il glutine ha proprietà agglomeranti e capita che venga sostituito con grassi scadenti o con addensanti. Punta allora su cibi che contengono solo olio evo (o, al più, olio di girasole o burro) e privi di additivi, indicati con il nome per esteso (come l’acido alginico) o con la lettera E seguita da un numero, per esempio E400», raccomanda la dottoressa Longobucco.
Quelle piccole utili attenzioni
Anche in casa il rischio di cross-contaminazione è in agguato ed è quindi necessario prendere alcune precauzioni. «Oltre a lavarti le mani prima di maneggiare gli alimenti, pulisci bene pentole, utensili e superfici d’appoggio che hai usato per preparazioni con il glutine.
Poi, non mescolare il minestrone con lo stesso cucchiaio utilizzato per girare il farro, non friggere prodotti gluten free nell’olio in cui hai cotto cibi “normali” e non allungare il risotto con l’acqua della pasta.
È inutile, invece, utilizzare spugne diverse per lavare i piatti: l’acqua corrente è sufficiente a eliminare ogni residuo. Nel forno, infine, puoi cuocere contemporaneamente alimenti con e senza glutine: devi però posizionarli su due ripiani diversi e mettere le pietanze prive di glutine più in alto, in modo da evitare sgocciolamenti pericolosi», consiglia la Sturabotti.
Nella ristorazione, invece, diversi locali propongono piatti privi di glutine e cucinati con le dovute attenzioni (trovi anche un elenco “sicuro” sul sito celiachia.it. La legge impone inoltre di elencare sul menu, o comunque in posizione visibile all’avventore, tutti i possibili allergeni utilizzati. Infine, fai sempre attenzione alla composizione dei farmaci.
Servono gli integratori?
«Chi rispetta la dieta non ha alcun bisogno di ricorrere a supplementi: l’eliminazione del glutine fa del celiaco una persona perfettamente sana e, quindi, priva di carenze.
Tuttavia, nelle prime fasi successive alla diagnosi è frequente uno stato di malnutrizione: i villi intestinaliappiattiti dal glutine hanno infatti bisogno di tempo per tornare a funzionare a dovere e permettere il corretto assorbimento di tutti i nutrienti.
In questo caso, una volta avviata la dieta, il medico può prescrivere specifici integratori di vitamine e, soprattutto, di ferro, per compensare il deficit», precisa la dottoressa Sturabotti.
Per non ingrassare troppo
La celiachia, nella sua presentazione tipica, si manifesta tra l’altro con un’eccessiva magrezza dovuta al malassorbimento, anche se un autorevole studio irlandese di qualche anno fa, pubblicato sull’American Journal of Gastroenterology, ha dimostrato che al momento della diagnosi solo il 5% delle persone ha una condizione di sottopeso davvero preoccupante.
Nell’80% dei pazienti, invece, dopo poco tempo dall’inizio della dieta senza glutine si osserva un notevole aumento di peso (+3/6 kg già dopo i primi mesi). Come mai? «Innanzitutto perché ricrescono i villi intestinali, quindi l’organismo inizia ad assorbire i nutrienti in maniera corretta.
Il celiaco, poi, al pari delle persone sane, ingrassa se consuma tanti cibi industriali, cosa che spesso accade quando si deve seguire un’alimentazione gluten free e, per comodità, si ricorre solo ai prodotti pronti invece di alternarli ai cibi naturalmente privi di glutine.
Infine, ci sono anche ragioni psicologiche: se prima della diagnosi le persone stanno male e tendono a eliminare molte pietanze, specie le più elaborate, in cerca di una soluzione ai propri disturbi, con la dieta senza glutine il celiaco mangia di più e sperimenta le varianti “permesse” di molte ricette dalle quali prima, per istinto, stava alla larga.
E per compensare il fatto di non poter mangiare alcuni cibi, si “gratifica” eccedendo in calorie: atteggiamento ovviamente da evitare», conclude la dottoressa Sturabotti.
A che punto è la ricerca
Non esistono per ora cure per la celiachia, ma la ricerca va avanti su più fronti: «È allo studio un vaccino desensibilizzante per ridurre la risposta immunitaria attivata dall’assunzione di glutine», spiega la dottoressa Giulia Sturabotti.
«Negli Stati Uniti, poi, il professor Alessio Fasano, fra i massimi esperti mondiali di celiachia (vedi il suo ultimo libro con Susy Flaherty, Senza glutine. La celiachia non si cura, si gestisce, Mondadori, € 20) ), sta testando l’efficacia di un farmaco anti-zonulina: quest’ultima è una proteina che ha la capacità di modificare la permeabilità delle pareti intestinali e che nei celiaci risulta particolarmente elevata.
Sono in corso, inoltre, esperimenti per degradare la gliadina, ovvero la frazione più tossica del glutine, con enzimi che ne permettano la digestione. Ma è ancora presto per parlare di una soluzione definitiva e, al momento, l’unica indicazione per i celiaci rimane la rigida adesione alla dieta aglutinata».
La dottoressa Cinzia Longobucco ha realizzato un menu tipo, in grado di assicurare a una persona celiaca tutti i nutrienti necessari alla salute dell’organismo senza il rischio di assumere glutine.
Fai la tua domanda ai nostri esperti
Articolo pubblicato sul n. 49 di Starbene in edicola dal 21/11/2017