Si può leggere nel futuro? Forse sì. C’è una “sfera di cristallo” che consente di prevedere i rischi per la salute, in maniera più precisa di qualsiasi test genetico: a dirlo è un gruppo di ricercatori inglesi e americani. Gli scienziati, sulle pagine di Nature Medicine, hanno indicato lo studio delle proteine nel sangue come un nuovo metodo per ottenere informazioni sulle eventuali malattie in corso e sul pericolo di svilupparne negli anni a venire.
«Nel nostro organismo circolano migliaia di proteine che, nelle cellule, svolgono funzioni specifiche, come veri e propri operai specializzati», spiega la dottoressa Angela Bachi, direttrice del Programma di ricerca proteomica funzionale presso l’Istituto Firc di Oncologia molecolare (Ifom) di Milano. «Per esempio, possono comunicare alla cellula quando è il momento giusto per crescere e replicarsi, trasportare molecole da un luogo a un altro o riparare i danni arrecati al Dna da agenti esterni, come il fumo. Se l’equilibrio si rompe, alcune di queste proteine possono smettere di funzionare o, al contrario, lavorare troppo, creando problemi».
Lo studio del proteoma
Ecco, allora, che “leggere” le proteine attraverso un banale esame di sangue, urine o saliva, può aiutare a comprendere meglio il nostro stato di salute o la malattia. Fino a qualche anno fa era piuttosto comune esaminarle singolarmente (come nel caso del Psa, il cui dosaggio serve a valutare la funzionalità della prostata; o del CA 125, che si può trovare in alte concentrazioni nei pazienti con diversi tipi di tumore).
Ma ultimamente sta prendendo piede un nuovo criterio: «Oggi si indaga l’intero proteoma, cioè l’insieme di tutte le proteine di una determinata cellula o di un tessuto, in modo da studiarne le reciproche interazioni e cosa ne scaturisce. Questo approccio globale è molto utile in campo oncologico, dove si ottengono informazioni su un certo tipo di cancro, sul grado di diffusione, l’eventuale risposta a un farmaco o sulla probabilità di ricaduta dopo un trattamento», racconta la dottoressa Bachi.
«Alcune proteine vengono già rilasciate nel sangue quando il tumore è molto piccolo e non può ancora essere individuato con i test convenzionali: questo consente una diagnosi precoce e, ovviamente, una prognosi migliore, perché si può intervenire prima che il danno sia troppo avanzato». Ma la proteomica è utile anche in altri settori, come quello delle malattie autoimmuni, renali, infiammatorie, cardiovascolari: anche qui, le proteine possono indicare che qualcosa non funziona a dovere e accendono un campanello d’allarme.
Le differenze rispetto alla genetica
Per certi aspetti, l’analisi su larga scala delle proteine è più affidabile di quella genetica, perché fornisce un quadro aggiornato della situazione. «Mentre il genoma rimane fisso, il proteoma muta nel tempo, in risposta agli stimoli esterni, rispecchiando i cambiamenti dell’organismo. Per esempio, se una persona diventa obesa, inizia a fumare o modifica l’alimentazione, la composizione delle sue proteine muta in seguito al nuovo stile di vita», racconta Bachi. Questo dinamismo impedisce di considerare la proteomica come un qualunque esame di routine cui sottoporsi per fare un controllo periodico. «Le proteine cambiano addirittura nell’arco della stessa giornata: basta essere a digiuno o non aver dormito per rivoluzionarle. Ovviamente, questa continua variabilità è anche il loro punto di forza, perché consente di capire cosa sta avvenendo in un preciso istante nell’organismo. Non si tratta dunque di una predisposizione, come potrebbe annunciare la genetica, ma di qualcosa che sta già accadendo dentro di noi», puntualizza la scienziata.
Le prospettive future
L’obiettivo ora è affinare queste tecnologie e renderle più fruibili e meno costose, in modo da poter sviluppare sistemi diagnostici utili per contrastare patologie gravi, come l’Alzheimer oppure i tumori. «Si sta lavorando per identificare nuovi marcatori di malattia, cioè proteine che dicono se siamo malati oppure no, ma anche per predire la prognosi di un paziente, stabilire qual è la terapia migliore per lui o disegnare farmaci specifici per guarirlo», conclude l’esperta.
Virus e batteri sotto la lente
Fra gli obiettivi della proteomica ci sono anche le malattie infettive: interpretare il proteoma di virus e batteri potrebbe rivoluzionare l’approccio terapeutico. Lo stesso vale per lo studio del microbioma intestinale, che condiziona il sistema immunitario: comprendere meglio la funzionalità dei batteri che ci “abitano” riuscirà a migliorare il nostro stato di salute e prevenire molte delle problematiche più comuni.
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Articolo pubblicato sul n. 5 di Starbene in edicola dal 14 gennaio 2020