Alimentazione: i segreti della cucina light

Una nuova disciplina, la culinary nutrition, insegna come preparare piatti gustosi senza rischi per la salute



di Francesca Soccorsi

Hai mai visto uno chef che spiega a un medico i segreti del mangiar sano? Succede, se il cuoco in questione è diplomato in “culinary nutrition, la cucina leggera, capace di proteggere dalle malattie, ma anche di soddisfare il palato.


È la sfida lanciata dall’Art Joins Nutrition Academy, il primo Istituto europeo per la specializzazione di cuochi, medici e
nutrizionisti che il prossimo 18 dicembre ha in programma all’Università Tor Vergata di Roma una lezione per addetti ai lavori dedicata alla tavola gustosa, dimagrante e antiaging.


L’obiettivo? Insegnare come si preparano ricette appetitose, nelle quali gli ingredienti più saporiti, ma anche  più pericolosi per la salute, cioè zucchero, sale e grassi, siano ridotti al minimo. Alcuni degli esperti di questo team ci hanno spiegato in che cosa consiste la nuova disciplina e svelato i loro segreti ai fornelli.


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La dieta mediterranea basta per restare magri e in salute?

«No: cereali integrali, frutta, verdura, pesce e olio d’oliva possono diventare dannosi se utilizzati male. Per esempio,
mangiare tutti i giorni un contorno che “naviga” nell’olio vuol dire assumere calorie in eccesso, che fanno mettere su peso ed espongono al rischio di malattie cardiovascolari », spiega il professor Michele Rubbini, docente di chirurgia generale all’Università di Ferrara e presidente del comitato scientifico dell’Associazione per la sicurezza nutrizionale in cucina.

«La dieta mediterranea, poi, è difficile da rispettare alla lettera, perché impone restrizioni, come quella di non mangiare dolci più di una o due volte a settimana. La culinary nutrition, invece, non è “punitiva”: se dosiamo bene gli ingredienti e adottiamo le giuste tecniche di cottura, possiamo concederci anche i peccati di gola».

Quindi, un piatto come i bucatini all’amatriciana può diventare un pasto leggero? 

«Con 70 g di bucatini a porzione e due modifiche alla ricetta tradizionale, l’amatriciana diventa meno calorica di 80 g di pasta in bianco», chiarisce Chiara Manzi, docente di nutrizione presso il Master in Medicina estetica dell’Università Tor Vergata e fondatrice dell’Art Joins Nutrition Academy.


«Grazie al guanciale si può evitare di aggiungere altri condimenti e sfruttare solo i grassi del salume. Per estrarli completamente, va tagliata a dadini e rosolata a fuoco lento in una padella. Oppure messa in forno a bassa temperatura (in alternativa si può usare anche la pancetta). Un altro segreto è utilizzare sale iodato nell’acqua di cottura (7g/l): così si stimola il lavoro della tiroide e quindi il metabolismo. Una spolverata di peperoncino, infine, regala vitamina C, antiossidante».

Anche i classici spaghetti cacio e pepe hanno una versione light e antietà?


«Sì, aggiungendo un po’ di curcuma che, abbinata al pepe nero, accelera il metabolismo, oltre a essere un potente antiossidante. Si mettono entrambe le spezie sul fondo di una padella con un po’ di acqua di cottura e si usa questo
mix per ripassare la pasta, senza aggiungere altro», dice la Manzi.

«Per ridurre i lipidi è bene anche limitare il pecorino a 25 g a porzione: se lo si grattugia a scaglie sottilissime (esistono strumenti appositi), da una piccola quantità, si ottiene un grande volume di formaggio».

È possibile fare una frittura salutare?


«Se si utilizza olio extravergine d’oliva o di girasole altamente oleico (si estrae dai semi di particolari cultivar e ha una composizione lipidica simile all’extravergine d’oliva) a circa 180 °C e si evita di friggere troppi alimenti insieme (abbasserebbero la temperatura dell’olio), i cibi assorbono meno grassi», osserva la Manzi.

Un’altra dritta è raffreddare prima gli alimenti in frigorifero: «Lo shock termico non fa penetrare l’olio durante la frittura e, in più, preserva fino all’80% dei nutrienti. Alla fine bisogna tamponare con carta assorbente».

È vero che possiamo mangiare la pizza anche se siamo a dieta?


«Certamente, basta prepararla bene», dice Fabio Sebastiani, pizzaiolo Ajn. «Il primo trucco è arricchirla di fibre, utili per l’intestino, ma anche per modulare l’assorbimento degli zuccheri e scongiurare i picchi glicemici. Come? Preparando un impasto con farina semintegrale e un’analoga quantità di farina di ceci o di soia. L’altro segreto è far “maturare” il panetto ottenuto in frigorifero. Si tratta di un processo, alternato a più fasi di lievitazione al caldo, che viene usato dai pizzaioli più esperti per rendere la pizza più leggera e digeribile.


Non ultimo, è fondamentale il condimento: meglio evitare la mozzarella, grassa e calorica, e preferire la ricotta, da sbriciolare con lo schiacciapatate su uno strato di salsa di pomodoro al naturale e poi mettere in forno», consiglia l’esperto. «Una pizza così non arriva a 600 calorie. Ma chi è a dieta spesso preferisce l’insalatona, che, invece, tra formaggio, tonno, olive e olio può superare anche le 800 calorie».

Peccati di gola? Sì, grazie


➔ Con la culinary nutrition persino il tiramisù può essere sdoganato. «Basta sostituire alcuni ingredienti», dice lo chef Ajn Daniele Bernardotto. «Al posto del mascarpone, si usa la ricotta vaccina e, invece dello zucchero, lo sciroppo d’aceromeno calorico e più ricco di sali minerali.

➔ Se, poi, i savoiardi si preparano in casa, con una farina ricca di fibre e pochi grassi, una porzione di dolce avrà le stesse calorie di una mela e mezza, cioè solo 118».

Articolo pubblicato sul n. 52 di Starbene in edicola dal 15/12/2015


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