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Dipendenze, perché siamo drogati di dopamina

Benvenuti nell’era delle dipendenze. Ogni giorno siamo inondati da stimoli in grado di provocare nel nostro cervello il rilascio di un neurotrasmettitore che ci regala una sensazione di benessere ma, che a lungo andare, causa dolore. La psichiatra Anna Lembke ci spiega come funziona

Foto: iStock



Nella società del “tutto e subito”, abbiamo a disposizione qualsiasi cosa desideriamo, ma non è mai abbastanza: vogliamo sempre di più. Ogni giorno il numero e la varietà di stimoli gratificanti è in crescita: cibo, notizie, shopping, gaming, sesso, social… «Non c’è che da scegliere la nostra droga preferita», suggerisce Anna Lembke, docente di psichiatria alla Stanford University School of Medicine e direttrice della Stanford Addiction Medicine Dual Diagnosis Clinic negli Stati Uniti, autrice del libro L’era della dopamina (Roi edizioni), di recente apparsa fra gli esperti intervistati in The social Dilemma, il celebre documentario di Netflix sull’impatto che hanno i social media sulla nostra vita. «Una volta la nostra vita era caratterizzata dalla scarsità, ora trabocca di abbondanza. Questo ha compromesso l’equilibrio tra piacere e dolore nell’esistenza di ognuno di noi. Il risultato? Un rilevante aumento delle dipendenze».

In che modo?

Le sostanze e i comportamenti che provocano una sensazione di euforia o di benessere – e che spesso sono strettamente legati all’uso di alcol, tabacco, videogiochi, gioco d’azzardo – aumentano il rilascio di dopamina nel circuito della ricompensa del cervello.


Cos’è il circuito della ricompensa cerebrale e perché è importante?

Funziona in questo modo: le principali cellule funzionali del cervello sono chiamate neuroni. Comunicano tra loro, nelle sinapsi, attraverso segnali elettrici e neurotrasmettitori. Quest’ultimi sono come palle da baseball: il lanciatore è il neurone pre-sinaptico, il ricevitore è il neurone post-sinaptico, la dopamina è la palla che viene lanciata da uno all’altro. Questo neurotrasmettitore è importante perché agisce sulla motivazione a ottenere un piacere. Agisce sul desiderio quindi, più che sul raggiungimento della gratificazione in sé.

Più il cervello ne produce, più sviluppiamo una dipendenza. Un esperimento sui topi ha dimostrato che il cioccolato produce nel cervello dei topi un aumento della produzione del neurotrasmettitore pari al 55%, il sesso del 100%, la nicotina del 150% e la cocaina del 225%. L’anfetamina presente nelle droghe che si vendono in giro o in alcuni farmaci utilizzati per curare i disturbi da deficit di attenzione, del 1000%. In pratica una pipa di metanfetamine equivale a 10 orgasmi.


Quindi siamo tutti destinati a diventare dipendenti da qualcosa?

No, ma occorre stare in guardia. Il cervello elabora sia il piacere sia il dolore nelle stesse strutture neurali ma le due sensazioni funzionano come fattori opposti per mantenere l’equilibrio. Mi spiego meglio: possiamo immaginare il meccanismo che regola la sensazione di piacere e dolore come un’altalena. Quando è in equilibrio, la barra dell’altalena è piatta. Quando iniziamo a desiderare qualcosa molto ardentemente, la dopamina inizia a essere rilasciata nel circuito della dipendenza e l’altalena inizia a pendere dalla parte del piacere. Più è veloce questo processo, maggiore è la gratificazione che proviamo.

Occorre sottolineare una caratteristica importante di questa bilancia: il cervello non ama le condizioni di squilibrio, a maggior ragione se perdurano per molto tempo. Quindi, ogni volta che la barra si sposta sul lato del piacere, entrano in gioco meccanismi di autoregolazione volti a ristabilire la condizione originaria. Nel momento di massimo piacere possiamo immaginare un gruppo di piccoli gremlin che saltano sul versante del dolore della barra per riportare l’asse in equilibrio.


Cosa succede se quell’equilibrio non viene ristabilito?

Il cervello di fronte a questo eccesso di richieste risponde diminuendo la trasmissione di dopamina al di sotto della linea di base, creando un mini stato di deficit di questa sostanza. Si crea così uno stato di carenza cronica in cui siamo meno capaci di provare piacere e più propensi a provare dolore.


Quindi si crea un effetto paradosso per cui più cerchiamo il piacere in modo compulsivo più proviamo dolore?

Esattamente. E se lo stimolo del dolore è troppo potente o eccessivo, come nel caso del cutting (la tendenza degli adolescenti a tagliarsi) o della sindrome da sovrallenamento, possiamo anche diventare dipendenti dal dolore.


Anche l'uso dei social media, come Facebook e Instagram, funziona attraverso un meccanismo di ricompensa?

Sì: lo smartphone è diventato il moderno ago ipodermico che usavano i tossicodipendenti. Gli esseri umani sono stati programmati per connettersi e stare insieme. È il concetto del proverbio “l’unione fa la forza”: muoversi in tribù ci proteggeva dai predatori e ottimizzava la scarsità di risorse. Facebook e le altre app sono stati all’inizio un grande fattore di socializzazione. Oggi invece ci rendono tutti vulnerabili al consumo eccessivo e compulsivo. Perché possono rilasciare una quantità molto alta di dopamina in una volta sola, proprio come l'eroina, la metanfetamina o l'alcol. La permanenza ininterrotta sulle piattaforme social diventa una vera e propria droga.


Come se fosse “dopamina digitale”?

Proprio così. I social media hanno tutte le caratteristiche di una sostanza che dà assuefazione. In primis la quantità, che è infinita. Non c’è limite all’accesso. Secondo: la potenza di condivisione di questo mezzo. Leader carismatici di tutto il globo possono manifestare le proprie emozioni e preferenze influenzando milioni di follower. Terzo: il numero di “like” che ognuno riceve è un’incredibile iniezione di dopamina, come lo è la classificazione.

Posso testimoniare personalmente l’effetto euforizzante che ricevevo guardando il mio libro scalare le vette delle vendite di Amazon. Infine c'è la novità. La dopamina è innescata dalle funzioni di esplorazione del nostro cervello, la parte che dice "Ehi, è arrivato qualcosa di diverso". Se a questo si aggiungono gli algoritmi di intelligenza artificiale che imparano cosa ci è piaciuto in precedenza e ci suggeriscono nuove cose simili, il gioco è fatto.



La relazione piacere-dolore a livello cerebrale

274758• La regolazione del meccanismo di piacere e dolore funziona secondo un sistema che si autoregola.
Ogni volta che la barra si sposta su uno dei due versanti, il cervello ristabilirà l’equilibrio originario.


274759• Quando il nostro cervello è libero dalle dipendenze, la bilancia piaceredolore rimane naturalmente in equilibrio e riusciamo a godere delle piccole gioie quotidiane: un tramonto, una passeggiata, una chiacchierata con gli amici.



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