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Frutta: come inserirla nella dieta

Alcuni recenti studi mettono in guardia da questo alimento evidenziandone gli effetti negativi sulla linea e il metabolismo. Ecco le cose sapere

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Gonfia, alza la glicemia, fa ingrassare. Sulla frutta, soprattutto negli ultimi tempi, se ne sono dette e sentite di tutti i colori. In particolare, dopo anni di raccomandazioni sulla necessità di consumarne almeno due porzioni al giorno, oggi diversi nutrizionisti - sulla scia di alcuni studi scientifici - sembrano aver invertito la marcia al punto da considerare la frutta un alimento da consumare con molta moderazione per non correre il rischio di veder lievitare il peso o addirittura andare incontro a squilibri del metabolismo.

Ma davvero mele, pere & Co. vanno guardate con sospetto? Cerchiamo di fare chiarezza, capendo anche come possiamo inserirla nella dieta senza correre rischi tanto per la linea quanto per la salute.


Uno zucchero amico?

«Alcune ricerche, tra cui una molto autorevole condotta dall'Università di Harvard, hanno dimostrato che dosi elevate di fruttosio, lo zucchero presente per la maggior parte nella frutta, sono associate a un rischio maggiore di obesità, diabete, fegato grasso e malattie cardiache.

Questo perché, come tutti gli zuccheri semplici, fa alzare la glicemia nel sangue, così il pancreas inizia a produrre insulina, un ormone che li trasforma in grassi di riserva», spiega Sara Farnetti, specialista in Medicina interna e nutrizione funzionale.

«In realtà il fruttosio a cui fanno riferimento i suddetti studi è nella maggior parte dei casi quello industriale, ricavato cioè dal mais e aggiunto a bevande o alimenti confezionati. È insomma uno zucchero “libero”, simile al saccarosio (il comune zucchero bianco), e non c'entra con quello consumato con il frutto intero, fibra inclusa».


Il segreto è nella fibra

È infatti proprio la fibra, solubile e insolubile, l'elemento chiave per assolvere il fruttosio: perché riesce a rallentare l'assorbimento dello zucchero nel sangue, evitando così picchi di glicemia e di produzione di insulina.

A conferma di ciò si possono citare diversi studi: come quello, durato 5 anni e pubblicato dall’American Journal of  Nutrition, che ha evidenziato come il consumo di frutta, senza distinzione di tipologia, abbia contribuito a controllare il peso in un gruppo di 373 partecipanti over 50 dopo che avevano smesso di fumare.


Come e quando mangiarla

Queste evidenze scientifiche però non giustificano un consumo eccessivo di questo alimento. Come sempre, la moderazione è la scelta vincente. E soprattutto, al di là delle calorie, ciò che importa è come viene consumata la frutta all'interno della dieta giornaliera. La prima questione allora è: quanta se ne può mangiare? E inoltre, a fine pasto o come spuntino?


La quantità ok

La regola delle due o tre porzioni al giorno, per  un totale di circa 400 grammi, rimane valida. Riguardo il momento migliore, molto dipende anche dalle proprie preferenze. La frutta come spuntino a metà mattina o pomeriggio è una buona abitudine, meglio ancora se viene consumata con la buccia.

E per rallentare ancora di più l'assorbimento degli zuccheri si può aggiungere un grasso buono, come quello di due o tre noci (o mandorle) o di uno yogurt bianco intero», spiega la dottoressa Farnetti.

«Se invece preferisci inserire la frutta al termine dei pasti, fai mente locale a quello che hai mangiato prima. Se hai consumato anche legumi, oppure pasta o pane, sarebbe meglio evitarla, perché sono tutti zuccheri e la glicemia subirebbe una notevole impennata.

Se invece hai pranzato o cenato con una bistecca e della verdura, la frutta è un ottimo complemento (tra l'altro, un kiwi al termine di un pasto di questo tipo, grazie al suo contenuto di vitamina C, favorisce anche l'assorbimento del ferro presente nella carne)».

In termini assoluti, per mantenere il proprio peso la regola è poi quella di associare due carboidrati al massimo a pasto; per dimagrire invece ce ne vuole solo uno.


Bio: sempre più gettonata

Secondo dati della società di studi economici Nomisma, in Italia tra il marzo 2016 e il marzo 2017 le vendite di frutta e verdura biologiche preconfezionate nei supermercati hanno raggiunto i 147 milioni di euro, con un aumento del 28% rispetto all’anno precedente, a fronte di un +9% delle vendite di ortofrutta “convenzionale”.

Per il 24% degli acquirenti, i prodotti bio sono più sicuri per la salute, per il 23% sono più rispettosi dell’ambiente e per il 63% hanno caratteristiche organolettiche superiori. Fin qui, il parere dei consumatori.

Ma davvero bio è meglio? Una ricerca dell'ormai ex Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione ha dimostrato che gli antiossidanti naturali luteina e zeaxantina presenti nelle arance si trovano in maggiori quantità nei frutti di produzione biologica.

Mentre un altro studio, sempre Inran, su pesche e pere ha evidenziato che il contenuto in polifenoli è superiore nei campioni da agricoltura biologica rispetto a quelli convenzionali.

Discorso simile per le mele: secondo una ricerca svizzera, quelle bio hanno un maggior contenuto di potassio (+31%) e di fenoli (+19%). Infine l’uva: una ricerca pubblicata dal British Journal of Cancer spiega che il resveratrolo, potente antiossidante, si trova in più alte concentrazioni nelle piante non trattate, perché viene prodotto dalle stesse viti come fungicida naturale. Così, se l'uomo aggiunge quello chimico, la pianta ne sintetizza meno.


Sceglila, lavala e conservala così

A proposito di pesticidi, secondo l'ultimo rapporto Legambiente relativo al 2016, i maggiori residui di sostanze chimiche si sono riscontrati in uva, fragole, pere, mele, pesche, frutti di bosco ed esotici.

Va da sé che quando si mangia un frutto con la buccia (secondo l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, le mele sono tra que li che maggiormente assorbono i pesticidi) è meglio preferire il bio.

Altre accortezze. Scegli sempre prodotti di stagione. «Sono migliori (come gusto e nutrienti) perché colti al momento giusto di maturazione», afferma il  dottor Giorgio Donegani, tecnologo alimentare.

«E costano anche meno, specie se opti per quelli a km 0, che impiegano poco tempo per raggiungere il punto vendita: sono buoni, freschi rispettano maggiormente l'ambiente, perché il loro trasporto è brevissimo».

Lava la frutta sotto l'acqua corrente. Dopo 15 secondi sotto il getto, l'80% dei pesticidi viene eliminato. Fai però attenzione ai tipi delicati come le fragole: meglio l'immersione per qualche minuto in una bacinella, con risciacquo finale.

«Ricorda poi che il bicarbonato può essere utile, ma solo per eliminare agenti patogeni», mette in guardia il nostro tecnologo alimentare. «Serve per batteri come la salmonella, non per i residui di pesticidi. Utilizzalo in particolare per quei frutti, come melone e anguria, che crescendo a contatto con il terreno sono più a rischio di contaminazione». Non metterla in frigorifero dopo averla sciacquata. «Potrebbero svilupparsi muffe e altri ospiti indesiderati», spiega il dottor Donegani. 

Al freddo riponi solo i frutti "asciutti” e maturi. «A temperatura ambiente, se in casa non hai più di 30 °C, puoi tenere le banane e le mele. E se sono ancora un po' acerbe, anche pere, pesche, albicocche, prugne e altre varietà dalla buccia sottile. Attenta, però: una volta che hanno raggiunto un buon livello di maturazione, passale in frigorifero e smaltiscile nel giro di 48 ore», conclude il nostro esperto.


Cotta, disidratata e sciroppata: cosa cambia?

La frutta cotta perde buona parte del suo contenuto in vitamine, che sono termolabili, mentre conserva i sali minerali. È più digeribile e ha proprietà lassative. Il modo migliore per cuocerla è al microonde, perché i tempi di esposizione al calore sono ridotti e non occorre aggiungere acqua.

Una valida alternativa è in forno, al cartoccio. La frutta disidratata mantiene invece intatto il contenuto di vitamine, minerali e antiossidanti. A parità di peso, rispetto a quella fresca è molto più calorica perché viene privata della componente acquosa e gli zuccheri risultano così molto più concentrati.

Attenta però ad acquistare prodotti di qualità, privi di conservanti come l'E220. Pesce, albicocche, ananas e altra frutta in sciroppo si hanno dopo un'immersione a 90 °C per pochi minuti: questo processo distrugge il 30-50% delle  vitamine. La conservazione nello sciroppo di glucosio o saccarosiorende poi il prodotto ancora più zuccherino: meglio sciacquarlo.


Cinque colori tanti benefici

Basta guardare il colore della sua buccia per sapere quali sono gli effetti positivi sulla salute di un determinato frutto. E sappi che gli esperti consigliano 3 frutti di diverso colore tutti i giorni. Scoprili tutti qui di seguito.



Bianca

È in genere una buona riserva di potassio e fitocomposti collegati alla riduzione del colesterolo nel sangue.

Giallo-arancio

È una fonte di carotenoidi precursori della vitamina A, utili per la sintesi ormonale, la differenziazione e la crescita cellulare e la risposta immunitaria. A livello di prevenzione,  è inoltre preziosa per la salute degli occhi e per la bellezza della pelle.

Blu-viola

Contiene antociani, potenti antiossidanti che hanno effetti positivi su tratto urinario e memoria, oltre a essere associati a una riduzione del rischio di tumori e malattie cardiovascolari e a un'azione antiage.

Rossa 

Ricca di licopene, ha notevoli proprietà antiossidanti e un effetto protettivo su alcuni tipi di tumore, come quello alla prostata. Grazie alla presenza di antociani, protegge anche da tumori e malattie cardiovascolari.

Verde

Abbonda in glucosinolati, utili per ridurre il rischio di determinati tipi di tumore. È inoltre ricca di ferro, acido folico e vitamina C, per cui ha azione ricostituente e rinforza il sistema immunitario.

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Articolo pubblicato sul n. 36 di Starbene in edicola dal 22/8/2017

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