In medicina, il granuloma è una sorta di struttura capsulata che l’organismo crea in qualche sede per “contenere” un’infezione. Se il suffisso –oma spaventa, perché generalmente indica una condizione maligna (carcinoma, sarcoma, neuroblastoma, melanoma e così via), in questo caso la natura della patologia non è oncologica, ma infiammatoria.
Quando viene coinvolto il tessuto situato all’apice della radice di un dente, si parla nello specifico di granuloma apicale: qui, per vari motivi, si forma una capsula di tessuto fibroso che opera come una sorta di prigione per impedire ai detenuti (batteri) di fuggire verso il resto dell’organismo. Dunque, le lesioni apicali vengono prodotte a fin di bene dal corpo, con l’obiettivo di arginare un’infezione dentale, ma alcune possono trasformarsi in cisti oppure rischiano di ingrandirsi al punto da causare guai.
Cos’è il granuloma apicale
Il granuloma apicale o dentale è il risultato di una “tregua” che viene raggiunta dopo la battaglia combattuta tra l’esercito degli invasori (batteri) e quello dei difensori (l’organismo) all’apice della radice di un dente. Non a caso si parla di processo infiammatorio cronico, perché microbi e difese immunitarie stabiliscono un delicato equilibrio che può persistere anche per anni, senza dare sintomi.
«A scatenare il problema è sempre la morte della polpa dentale, meglio nota come nervo», spiega la dottoressa Alessandra Romagnoli, direttrice della Rete Odontoiatrica dell’Asl Toscana Sud Est. «Qualora non venga trattato, il granuloma apicale può crescere ed evolvere in una cisti di dimensioni significative, per cui il trattamento conservativo non basta più, ma va abbinato a una terapia chirurgica».
Quali sono i sintomi del granuloma apicale
A differenza di altre problematiche dentali, il granuloma apicale è un nemico silenzioso della salute orale, perché generalmente ha un’evoluzione asintomatica.
Solo quando si rompe il fragile equilibrio fra batteri e organismo, ad esempio per un’aumentata virulenza dei microbi presenti all’interno del canale radicolare oppure per un deficit delle difese immunitarie del paziente, la lesione può diventare evidente radiograficamente (infatti è spesso un reperto occasionale in occasione di ortopantomografia) e, più raramente, può dare segno di sé con una sintomatologia infettiva acuta.
Quali sono le cause del granuloma apicale
«La morte della polpa dentale può avvenire a seguito di alcuni meccanismi ben definiti», precisa la dottoressa Romagnoli. «Il più comune è una carie trascurata e penetrante, che arriva al nervo e di solito si palesa in maniera acuta e dolorosa, anche se talvolta può decorrere silente. Questa carie porta con sé una serie di batteri che, provocando la morte della polpa dentale, liberano nella zona apicale una serie di tossine che mettono in moto un processo distruttivo e riparativo dell’osso: l’esito è l’incapsulamento di questa “battaglia” in cima al dente, in modo da contenerla».
Altre volte, invece, il nervo può morire per processi di degenerazione cronica dovuti, per esempio, a traumi dentali sottovalutati oppure ripetuti nel tempo. «Il classico esempio è quello di un ragazzino che batte i denti durante un salto, senza apparenti conseguenze nell’immediato. A distanza di tempo, però, un dente si annerisce e dai controlli odontoiatrici emerge proprio la presenza di un granuloma apicale. In questo caso l’origine non è infettiva, però il trauma ha provocato una progressiva morte della polpa dentale e questa ha indotto la liberazione di tossine che hanno scatenato una risposta infiammatoria contenitiva all’apice del dente».
Un esempio di traumi ripetuti nel tempo, invece, si ispira alla storia: le sarte di un tempo presentavano spesso un dente annerito, dovuto all’abitudine di tenere in bocca gli spilli, che giorno dopo giorno danneggiavano il nervo.
Quando il dente è devitalizzato
Un granuloma apicale può comparire anche all’apice di un dente devitalizzato. «Se il paziente si sottopone alle cure canalari già in presenza di una lesione granulomatosa, magari asintomatica, occorre diverso tempo prima che il granuloma esistente diminuisca di volume fino a scomparire», spiega la dottoressa Romagnoli.
Talvolta, invece, la colpa è di un errore procedurale commesso durante la devitalizzazione, come la scarsa disinfezione dei canali radicolari, la mancata chiusura fino all’apice dei canali con un materiale termoplastico oppure la presenza di batteri che sono riusciti a farla franca, penetrando nel sistema canalare e risalendo fino alla radice.
Come si diagnostica il granuloma apicale
Spesso la diagnosi di granuloma apicale rappresenta un reperto occasionale, che arriva esaminando una panoramica dentale eseguita per altri scopi. Altre volte, invece, l’odontoiatra lo sospetta in base ad alcuni sintomi manifestati dal paziente, come la presenza di denti caratterizzati da discromie (un colletto più scuro, tendente al grigio-marrone).
L’operatore può verificare la vitalità della polpa dentale con semplici test, applicando un piccolo stimolo elettrico oppure spruzzando uno spray freddo su un cotton fioc da tenere appoggiato sul dente per pochi secondi. Se non c’è risposta a questi stimoli, significa che la polpa è morta e una radiografia endorale periapicale (che serve a valutare in modo specifico un singolo elemento dentale) può confermare la diagnosi.
«Qualora la radiografia non rilevi visivamente il granuloma, l’assenza di sensibilità deve comunque condurre a una terapia endodontica, cioè apertura, pulizia, disinfezione e chiusura del canale radicolare, con un monitoraggio a distanza per seguire l’evoluzione», raccomanda l’esperta.
Come si cura il granuloma apicale
Devitalizzazione, ritrattamento canalare, rimozione della radice infetta (apicectomia) o estrazione del dente: sono molteplici i rimedi per trattare il granuloma apicale, per cui deve sempre essere lo specialista a scegliere il più opportuno a seconda dello stadio in cui la patologia viene riscontrata e dello stato di salute generale del paziente.
«Di norma, se il granuloma si è già trasformato in una cisti, è necessario ricorrere all’apicectomia, un piccolo intervento chirurgico eseguito in regime ambulatoriale in cui l’apice del dente viene raggiunto tramite un taglio sulla gengiva e il successivo utilizzo di un trapano», spiega la dottoressa Romagnoli. «A quel punto, l’apice infetto viene tagliato e il canale viene richiuso con un materiale otturatorio, ma non prima di aver eseguito una perfetta cura canalare».
Se invece il problema viene trascurato e la cisti assume dimensioni significative, bisogna ricorrere a un intervento per asportare la cisti che, nel frattempo, ha eroso una parte dell’osso.
Quali sono i pericoli del granuloma apicale
«Per quanto sicure, queste procedure comportano sempre un rischio clinico generale, perché i batteri presenti nel granuloma possono fuoriuscire, entrare nel torrente circolatorio e raggiungere organi lontani», avverte l’esperta.
«Ecco perché nei soggetti fragili si preferisce procedere con l’estrazione del dente. Parliamo di pazienti trapiantati e oncologici, ma anche di portatori di valvole cardiache, più a rischio di sviluppare un’infezione cardiaca, detta endocardite».
Dipende dai batteri
Un’ultima annotazione: il successo del trattamento dipende anche dalla tipologia di infezione, che di solito è polimicrobica, cioè causata da più agenti patogeni. «Fra tutti, l’enterococcus faecalis è responsabile dei casi più difficili da trattare, quindi sulla buona riuscita della terapia entra in gioco anche la tipologia dei batteri presenti, oltre alla bravura del medico», conclude l’esperta.
«Non a caso, per sterilizzare la lesione e colpire singolarmente i batteri, alcune linee guida suggeriscono un abbondante lavaggio dei canali con ipoclorito di sodio e la successiva introduzione di un mix di tre antibiotici in pasta: ciprofloxacina, metronidazolo e minociclina. Ma sull’opportunità di ricorrere a questo mix non esiste un parere scientifico condiviso».
Dopo l’estrazione del dente, invece, è consigliabile utilizzare il cucchiaio alveolare (che gratta e porta via la parte di osso alveolare che è stata a contatto con la lesione infiammatoria) e fare lavaggi abbondanti con soluzione fisiologica, in modo da stimolare anche una ricrescita ossea più rapida e vivace.
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