ATC: L04AA43 | Descrizione tipo ricetta: OSP - USO OSPEDALIERO |
Presenza Glutine:
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Classe 1: CN | Forma farmaceutica: SOLUZIONE PER INFUSIONE CONC |
Presenza Lattosio:
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Ultomiris è indicato nel trattamento di pazienti adulti affetti da emoglobinuria parossistica notturna (EPN): - in pazienti con emolisi e uno o più sintomi clinici indicativi di un’elevata attività della malattia - in pazienti clinicamente stabili dopo trattamento con eculizumab per almeno gli ultimi 6 mesi (vedere paragrafo 5.1).
Scheda tecnica (RCP) Eccipienti:
Non sono stati effettuati studi d’interazione. Il trattamento cronico con immunoglobulina umana per via endovenosa (IVIg) può interferire con il meccanismo di riciclo endosomiale del recettore Fc neonatale (FcRn) degli anticorpi monoclonali come ravulizumab, riducendo così le concentrazioni sieriche di ravulizumab.
Scheda tecnica (RCP) Composizione:
Un flaconcino da 30 mL contiene 300 mg di ravulizumab, prodotto in colture cellulari di ovaio di criceto cinese (CHO) mediante tecnologia del DNA ricombinante. Dopo la diluizione, la concentrazione finale della soluzione da infondere è 5 mg/mL. Eccipiente(i) con effetti noti: Sodio (5 mmol per flaconcino) Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Controindicazioni
- Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. - Pazienti con infezione da Neisseria meningitidis non risolta all’inizio del trattamento (vedere paragrafo 4.4). - Pazienti non attualmente vaccinati contro Neisseria meningitidis, a meno che non abbiano ricevuto un trattamento profilattico con antibiotici appropriati fino a 2 settimane dopo la vaccinazione (vedere paragrafo 4.4).
Posologia
Ravulizumab deve essere somministrato da un operatore sanitario e sotto la supervisione di un medico esperto nella gestione di pazienti con patologie ematologiche. Posologia Pazienti adulti con EPN Il regime posologico raccomandato per pazienti adulti (≥ 18 anni di età) con EPN consiste in una dose di carico, seguita da dosi di mantenimento, somministrate mediante infusione endovenosa. Le dosi da somministrare si basano sul peso corporeo del paziente, come indicato nella Tabella 1. Le dosi di mantenimento devono essere somministrate una volta ogni 8 settimane, a partire da 2 settimane dopo la somministrazione della dose di carico. Lo schema di somministrazione può variare occasionalmente di ± 7 giorni rispetto al giorno di infusione programmato (eccetto per la prima dose di mantenimento di ravulizumab), ma la dose successiva deve essere somministrata secondo lo schema originario. Per i pazienti che passano dalla terapia con eculizumab a ravulizumab, la dose di carico di ravulizumab deve essere somministrata 2 settimane dopo l’ultima infusione di eculizumab; le dosi di mantenimento sono poi somministrate una volta ogni 8 settimane, a partire da 2 settimane dopo la somministrazione della dose di carico, come indicato nella Tabella 1. Tabella 1:Regime posologico di ravulizumab in base al peso corporeo
Intervallo di peso corporeo (kg) | Dose di carico (mg) | Dose di mantenimento (mg) |
da ≥ 40 a < 60 | 2.400 | 3.000 |
da ≥ 60 a < 100 | 2.700 | 3.300 |
≥ 100 | 3.000 | 3.600 |
Intervallo di peso corporeo (kg)a | Dose di carico (mg) | Durata minima dell’infusione minuti (ore) | Dose di mantenimento (mg) | Durata minima dell’infusione minuti (ore) |
da ≥ 40 a < 60 | 2.400 | 114 (1,9) | 3.000 | 140 (2,4) |
da ≥ 60 a < 100 | 2.700 | 102 (1,7) | 3.300 | 120 (2,0) |
≥ 100 | 3.000 | 108 (1,8) | 3.600 | 132 (2,2) |
Avvertenze e precauzioni
Tracciabilità Al fine di migliorare la tracciabilità dei medicinali biologici, la denominazione e il numero del lotto del medicinale somministrato devono essere registrati in modo chiaro. Infezione meningococcica grave A causa del suo meccanismo d’azione, l’uso di ravulizumab aumenta la suscettibilità del paziente all’infezione/sepsi meningococcica (Neisseria meningitidis). Può verificarsi un’infezione meningococcica dovuta a qualsiasi sierogruppo. Per ridurre il rischio di infezione, tutti i pazienti devono essere vaccinati contro l’infezione meningococcica almeno due settimane prima di iniziare il trattamento con ravulizumab, a meno che il rischio di ritardare la terapia con ravulizumab non superi il rischio di sviluppare un’infezione meningococcica. I pazienti che iniziano il trattamento con ravulizumab prima che siano trascorse 2 settimane dalla somministrazione del vaccino contro il meningococco devono ricevere una profilassi antibiotica appropriata fino a 2 settimane dopo la vaccinazione. Per prevenire i sierogruppi meningococcici comunemente patogeni, si raccomandano i vaccini contro i sierogruppi A, C, Y, W135 e B, ove disponibili. I pazienti devono essere vaccinati o rivaccinati in accordo alle linee guida nazionali sulla vaccinazione vigenti. Se il paziente passa dal trattamento con eculizumab a quello con ravulizumab, i medici devono verificare che la vaccinazione contro il meningococco sia ancora valida in base alle linee guida nazionali sulla vaccinazione. La vaccinazione può non essere sufficiente a prevenire l’infezione meningococcica. Devono essere considerate le linee guida ufficiali sull’uso appropriato degli agenti antibatterici. Casi di infezione/sepsi meningococcica gravi sono stati segnalati in pazienti trattati con ravulizumab. Casi di infezione/sepsi meningococcica gravi o fatali sono stati segnalati in pazienti trattati con altri inibitori del complemento terminale. Tutti i pazienti devono essere monitorati per rilevare segni precoci di infezione e sepsi meningococcica, valutati immediatamente in caso di sospetta infezione e trattati con antibiotici appropriati. I pazienti devono essere informati di questi segni e sintomi e della necessità di consultare immediatamente il medico. I medici devono fornire ai pazienti un opuscolo informativo e una scheda di sicurezza. Immunizzazione La vaccinazione può attivare ulteriormente il complemento. Di conseguenza, i pazienti con malattie complemento-mediate, inclusa l’EPN, possono manifestare un aumento dei segni e sintomi della malattia sottostante, quali emolisi. Pertanto, i pazienti devono essere attentamente monitorati in relazione ai sintomi della malattia dopo la vaccinazione raccomandata. Altre infezioni sistemiche La terapia con ravulizumab deve essere somministrata con cautela in pazienti con infezioni sistemiche in fase attiva. Ravulizumab blocca l’attivazione del complemento terminale; pertanto, i pazienti possono manifestare una maggiore suscettibilità alle infezioni causate da batteri della specie Neisseria e da batteri capsulati. Infezioni gravi da batteri della specie Neisseria (diversi da Neisseria meningitidis), incluse infezioni gonococciche disseminate, sono state segnalate in pazienti trattati con altri inibitori del complemento terminale. Ai pazienti devono essere fornite le informazioni presenti nel foglio illustrativo, al fine di sensibilizzarli in merito alle potenziali infezioni gravi e ai relativi segni e sintomi. I medici devono fornire consulenza ai pazienti in merito alla prevenzione della gonorrea. Reazioni legate all’infusione La somministrazione di ravulizumab può provocare reazioni legate all’infusione. Negli studi clinici, alcuni pazienti affetti da EPN hanno manifestato reazioni legate all’infusione di lieve gravità e transitorie (ad es. dolore dorso-lombare e riduzione della pressione arteriosa). In caso di reazione legata all’infusione, l’infusione di ravulizumab deve essere interrotta e devono essere istituite adeguate misure di supporto se compaiono segni di instabilità cardiovascolare o compromissione respiratoria. Interruzione del trattamento Se i pazienti affetti da EPN sospendono il trattamento con ravulizumab, devono essere attentamente monitorati per rilevare eventuali segni e sintomi di emolisi intravascolare grave, identificata da livelli di LDH (lattato deidrogenasi) elevati accompagnati da un’improvvisa riduzione delle dimensioni del clone EPN o dell’emoglobina, oppure dalla ricomparsa di sintomi quali stanchezza, emoglobinuria, dolore addominale, respiro affannoso (dispnea), evento avverso vascolare importante (inclusa trombosi), disfagia o disfunzione erettile. I pazienti che interrompono il trattamento con ravulizumab devono essere monitorati per almeno 16 settimane al fine di rilevare emolisi e altre reazioni. Se compaiono segni e sintomi di emolisi dopo l’interruzione, inclusi elevati livelli di LDH, considerare la ripresa del trattamento con ravulizumab. Contenuto di sodio Dopo diluizione con soluzione iniettabile di sodio cloruro 9 mg/mL (0,9%), questo medicinale contiene 2,65 g di sodio per 720 mL alla dose massima, equivalente al 133% dell'assunzione massima giornaliera raccomandata dall'OMS che corrisponde a 2 g di sodio per un adulto.
Interazioni
Non sono stati effettuati studi d’interazione. Il trattamento cronico con immunoglobulina umana per via endovenosa (IVIg) può interferire con il meccanismo di riciclo endosomiale del recettore Fc neonatale (FcRn) degli anticorpi monoclonali come ravulizumab, riducendo così le concentrazioni sieriche di ravulizumab.
Effetti indesiderati
Riassunto del profilo di sicurezza Le reazioni avverse al farmaco più comuni sono infezione delle vie respiratorie superiori (molto comune), nasofaringite (molto comune) e cefalea (molto comune). Le reazioni avverse più gravi osservate nei pazienti negli studi clinici sono infezione meningococcica e sepsi meningococcica (vedere paragrafo 4.4). Tabella delle reazioni avverse La Tabella 3 riporta le reazioni avverse osservate negli studi clinici. Le reazioni avverse sono elencate in base alla classificazione per sistemi e organi (SOC) secondo MedDRA e alla frequenza, utilizzando la seguente convenzione: molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, <1/100); raro (≥1/10.000, <1/1.000); molto raro (<1/10.000) e non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). All’interno di ogni gruppo di frequenza, le reazioni avverse sono presentate in ordine di gravità decrescente. Tabella 3: Reazioni avverse
Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA | Molto comune (≥1/10) | Comune (≥1/100, <1/10) |
Infezioni ed infestazioni | Infezione delle vie respiratorie superiori, Nasofaringite | Infezione meningococcica* |
Patologie del sistema nervoso | Cefalea | Capogiro |
Patologie gastrointestinali | Vomito, nausea, diarrea, dolore addominale, dispepsia | |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | Eruzione cutanea, prurito | |
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo | Dolore dorsale, artralgia, mialgia, spasmi muscolari | |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | Piressia, malattia simil-influenzale, stanchezza, brividi, astenia |
Gravidanza e allattamento
Donne in età fertile Le donne in età fertile devono usare misure contraccettive efficaci durante e fino a 8 mesi dopo il trattamento. Gravidanza I dati clinici relativi all’uso di ravulizumab in donne in gravidanza non esistono. Non sono stati condotti studi preclinici di tossicologia riproduttiva con ravulizumab (vedere paragrafo 5.3). Sono stati condotti studi di tossicità riproduttiva nel topo utilizzando la molecola surrogata murina BB5.1, per valutare l’effetto del blocco di C5 sul sistema riproduttivo. In questi studi non sono state individuate tossicità riproduttive specifiche correlate alla sostanza in esame. È noto che le IgG umane attraversano la barriera placentare umana; di conseguenza, ravulizumab può provocare un’inibizione del complemento terminale nella circolazione fetale. Gli studi sugli animali non sono sufficienti a dimostrare una tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3). Nelle donne in gravidanza l’uso di ravulizumab può essere considerato dopo una valutazione dei rischi e dei benefici. Allattamento Non è noto se ravulizumab sia escreto nel latte materno. Studi preclinici di tossicologia riproduttiva, condotti nel topo con la molecola surrogata murina BB5.1, non hanno evidenziato sulla prole eventi avversi derivanti dal consumo di latte delle madri trattate. Il rischio per i lattanti non può essere escluso. Poiché molti medicinali e immunoglobuline sono escreti nel latte materno umano e a causa delle potenziali reazioni avverse gravi nei lattanti, l’allattamento deve essere interrotto durante il trattamento con ravulizumab e fino a 8 mesi dopo il trattamento. Fertilità Non sono stati condotti studi preclinici specifici sulla fertilità con ravulizumab. Gli studi preclinici di tossicologia riproduttiva condotti nei topi con una molecola surrogata murina (BB5.1) non hanno individuato effetti avversi sulla fertilità per le femmine o i maschi trattati.
Conservazione
Conservare in frigorifero (2°C-8°C) Non congelare. Tenere il flaconcino nell’imballaggio esterno per proteggere il medicinale dalla luce. Per le condizioni di conservazione dopo la diluizione vedere paragrafo 6.3.