ATC: N06DA03 | Descrizione tipo ricetta: RRL - LIMITATIVA RIPETIBILE |
Presenza Glutine:
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Classe 1: A | Forma farmaceutica: CAPSULE RIGIDE |
Presenza Lattosio:
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Trattamento sintomatico della demenza di tipo Alzheimer da lieve a moderatamente grave. Trattamento sintomatico della demenza da lieve a moderatamente grave in pazienti con malattia di Parkinson idiopatica.
Scheda tecnica (RCP) Eccipienti:
Essendo un inibitore della colinesterasi, la rivastigmina può aumentare gli effetti dei miorilassanti di tipo succinilcolinico durante l’anestesia. Si raccomanda cautela nella scelta degli anestetici. Se necessario, si possono prendere in considerazione aggiustamenti della dose o la sospensione temporanea del trattamento. Per i suoi effetti farmacodinamici e i possibili effetti additivi, la rivastigmina non va somministrata in associazione con altre sostanze colinomimetiche. Rivastigmina potrebbe interferire con l’attività di medicinali anticolinergici (es. ossibutinina, tolterodina). Effetti additivi che portano a bradicardia (che può determinare sincope) sono stati riportati con l’uso combinato di diversi betabloccanti (compreso atenololo) e rivastigmina. I betabloccanti cardiovascolari dovrebbero essere associati a un rischio maggiore, ma sono state ricevute anche segnalazioni relative a pazienti in trattamento con altri betabloccanti. Pertanto, si raccomanda cautela quando rivastigmina è utilizzata in combinazione con betabloccanti e anche con altri agenti bradicardizzanti (es. antiaritmici di classe III, antagonisti del canale del calcio, glicoside digitalico, pilocarpina). Poichè la bradicardia costituisce un fattore di rischio per l’insorgenza di torsione di punta, quando rivastigmina viene associata a medicinali che possono provocare torsione di punta come antipsicotici quali alcune fenotiazine (clorpromazina, levomepromazina), benzamidi (sulpiride, sultopride, amisulpride, tiapride, veralipride), pimozide, aloperidolo, droperidolo, cisapride, citalopram, difemanile, eritromicina e.v., alofantrina, mizolastina, metadone, pentamidina e moxifloxacina, si deve prestare cautela e può anche essere richiesto il monitoraggio clinico (ECG). In studi su volontari sani nessuna interazione farmacocinetica è stata osservata fra rivastigmina e digossina, warfarin, diazepam o fluoxetina. L’aumento del tempo di protrombina indotto da warfarin non è modificato dalla somministrazione di rivastigmina. Con la somministrazione concomitante di digossina e rivastigmina non sono stati osservati effetti indesiderati sulla conduzione cardiaca. Considerando il suo metabolismo, appaiono improbabili interazioni farmacometaboliche con altri medicinali, sebbene la rivastigmina possa inibire il metabolismo di altre sostanze mediato dalle butirrilcolinesterasi.
Scheda tecnica (RCP) Composizione:
Ciascuna capsula contiene rivastigmina idrogeno tartrato pari a 1,5 mg di rivastigmina. Ciascuna capsula contiene rivastigmina idrogeno tartrato pari a 3 mg di rivastigmina. Ciascuna capsula contiene rivastigmina idrogeno tartrato pari a 4,5 mg di rivastigmina. Ciascuna capsula contiene rivastigmina idrogeno tartrato pari a 6 mg di rivastigmina. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Controindicazioni
L’assunzione di questo medicinale è controindicata nei pazienti con ipersensibilità nota al principio attivo rivastigmina, ad altri derivati del carbammato o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. Precedenti episodi di reazioni al sito di applicazione verificatisi con rivastigmina cerotto, riconducibili a dermatite allergica da contatto (vedere paragrafo 4.4).
Posologia
Il trattamento deve essere iniziato e controllato da un medico esperto nella diagnosi e terapia della demenza di Alzheimer o della demenza associata alla malattia di Parkinson. La diagnosi deve essere effettuata in accordo con le attuali linee guida. La terapia con rivastigmina deve essere iniziata solo se è disponibile un "caregiver" (colui che assiste abitualmente il paziente) che controlli regolarmente l’assunzione del medicinale da parte del paziente. Posologia La rivastigmina va somministrata due volte al giorno, a colazione e a cena. Le capsule vanno deglutite intere. Dose iniziale 1,5 mg due volte al giorno. Titolazione del dosaggio La dose iniziale è di 1,5 mg due volte al giorno. Se questa dose risulta ben tollerata per almeno due settimane di trattamento, potrà essere aumentata a 3 mg due volte al giorno. Successivi aumenti a 4,5 e poi a 6 mg due volte al giorno dovranno sempre basarsi sulla buona tollerabilità, per almeno due settimane, della dose in corso di somministrazione. Se durante il trattamento compaiono reazioni avverse (es. nausea, vomito, dolore addominale, perdita dell’appetito), perdita di peso o peggioramento dei sintomi extrapiramidali (es. tremore) nei pazienti con demenza associata alla malattia di Parkinson, queste potrebbero rispondere alla sospensione di una o più dosi del medicinale. In caso di persistenza delle reazioni avverse la dose giornaliera deve essere temporaneamente ridotta alla dose precedente ben tollerata, oppure può essere interrotto il trattamento. Dose di mantenimento La dose efficace è da 3 a 6 mg due volte al giorno; per raggiungere il massimo beneficio terapeutico i pazienti devono essere mantenuti al più alto dosaggio ben tollerato. La dose massima raccomandata è di 6 mg due volte al giorno. Il trattamento di mantenimento può essere continuato fino a quando sia riscontrabile un beneficio terapeutico. Pertanto il beneficio clinico della rivastigmina deve essere rivalutato regolarmente, in particolare per i pazienti trattati con dosi inferiori a 3 mg due volte al giorno. Se dopo 3 mesi di terapia con la dose di mantenimento il peggioramento dei sintomi della demenza non viene influenzato positivamente, il trattamento deve essere interrotto. Anche nel caso in cui non sia più riscontrabile un effetto terapeutico, si deve prendere in considerazione l’interruzione del trattamento. La risposta individuale alla rivastigmina non è prevedibile. Comunque un maggiore effetto terapeutico è stato riscontrato nei pazienti con demenza di grado moderato con malattia di Parkinson. Alla stessa maniera un più ampio effetto è stato osservato nei pazienti con malattia di Parkinson con allucinazioni visive (vedere paragrafo 5.1). Non è stato studiato l’effetto terapeutico in studi clinici controllati verso placebo della durata di oltre 6 mesi.Reintroduzione della terapia Se si interrompe il trattamento per tre giorni, si deve riprendere la terapia partendo da 1,5 mg due volte al giorno. La titolazione del dosaggio deve poi essere eseguita come descritto sopra.Insufficienza renale e epatica Non sono necessari aggiustamenti della dose per i pazienti con insufficienza renale o epatica da lieve a moderata. Tuttavia, a causa dell’aumentata esposizione al medicinale in questi pazienti la posologia deve essere accuratamente titolata a seconda della tollerabilità individuale poichè i pazienti con insufficienza renale o epatica clinicamente significativa possono riscontrare più reazioni avverse dosedipendenti. I pazienti con grave compromissione della funzionalità epatica non sono stati studiati; rivastigmina capsule può comunque essere utilizzato in questa popolazione di pazienti purchè siano attentamente monitorati (vedere paragrafi 4.4 e 5.2). Popolazione pediatrica Non esiste alcuna indicazione per un uso specifico di rivastigmina nella popolazione pediatrica nel trattamento della malattia di Alzheimer.
Avvertenze e precauzioni
L’incidenza e la gravità delle reazioni avverse generalmente aumenta con le dosi più alte. Se si interrompe il trattamento per tre giorni, si deve riprendere la terapia partendo da 1,5 mg due volte al giorno per ridurre il rischio di reazioni avverse (es. vomito). Con rivastigmina cerotto possono verificarsi reazioni cutanee al sito di applicazione, che solitamente sono di intensità leggera o moderata. Tali reazioni non sono di per sè indici di sensibilizzazione, tuttavia l’uso di rivastigmina cerotto può provocare dermatite allergica da contatto. Si deve ipotizzare una dermatite allergica da contatto se le reazioni al sito di applicazione si espandono oltre le dimensioni del cerotto, se vi sono segni di una reazione locale più intensa (es. eritemi, edemi, papule, vescicole in aumento) e se i sintomi non migliorano in modo significativo entro 48 ore dalla rimozione del cerotto. In questi casi è necessario interrompere il trattamento (vedere paragrafo 4.3). I pazienti in cui si verificano reazioni al sito di applicazione riconducibili a dermatite allergica da contatto dovuta a rivastigmina cerotto e che richiedono ancora il trattamento con rivastigmina devono passare alla somministrazione orale di rivastigmina solo dopo aver verificato la negatività al test allergologico e sotto stretto controllo medico. È possibile che alcuni pazienti sensibilizzati a rivastigmina in seguito all’esposizione a rivastigmina cerotto non siano in grado di assumerla in alcuna forma. Dopo la commercializzazione sono stati segnalati rari casi di dermatite allergica (disseminata) indipendentemente dalla via di somministrazione (orale, transdermica) di rivastigmina. In questi casi, il trattamento deve essere interrotto (vedere paragrafo 4.3). I pazienti e i "caregivers" (coloro che assistono abitualmente i pazienti) devono essere adeguatamente istruiti in merito. Titolazione del dosaggio: subito dopo l’aumento della dose sono state osservate reazioni avverse (es. ipertensione e allucinazioni in pazienti con demenza di Alzheimer e peggioramento dei sintomi extrapiramidali, in particolare tremore, in pazienti con demenza associata a malattia di Parkinson). Queste possono essere sensibili ad una riduzione della dose. In altri casi, la somministrazione di rivastigmina è stata interrotta (vedere paragrafo 4.8). Disturbi gastrointestinali quali nausea, vomito e diarrea sono dose–dipendenti e si possono verificare in modo particolare all’inizio del trattamento e/o in occasione di incrementi posologici (vedere paragrafo 4.8). Queste reazioni avverse si verificano più frequentemente nelle donne. I pazienti che mostrano segni o sintomi di disidratazione in seguito a vomito o diarrea prolungati possono essere trattati con liquidi intravenosi e riducendo la dose oppure interrompendo il trattamento, se riconosciuti e trattati tempestivamente. La disidratazione può essere associata ad eventi seri. I pazienti con malattia di Alzheimer tendono a perdere peso. L’uso degli inibitori delle colinesterasi, rivastigmina compresa, è stato associato a perdita di peso in questi pazienti. Durante la terapia il peso corporeo dei pazienti deve essere controllato. Qualora si verificassero, in associazione al trattamento con rivastigmina, episodi di vomito di grado severo, si deve procedere con opportuni aggiustamenti della dose come raccomandato al paragrafo 4.2. Alcuni episodi di vomito di grado severo sono stati accompagnati da rottura esofagea (vedere paragrafo 4.8). Tali episodi si sono verificati in particolare dopo incrementi del dosaggio di rivastigmina o dopo la somministrazione di alte dosi. Si deve prestare attenzione alla somministrazione di rivastigmina in pazienti con sindrome del nodo del seno o disturbi della conduzione (blocco seno–atriale, blocco atrio–ventricolare) (vedere paragrafo 4.8). Rivastigmina può causare bradicardia che rappresenta un fattore di rischio per l’insorgenza di torsione di punta, soprattutto nei pazienti con fattori di rischio. Si raccomanda cautela nei pazienti a maggior rischio di sviluppare torsione di punta; per esempio pazienti con insufficienza cardiaca scompensata, recente infarto miocardico, bradiaritmia, predisposizione all’ipokaliemia o all’ipomagnesiemia, oppure pazienti in terapia concomitante con medicinali noti per indurre prolungamento dell’intervallo QT e/o torsione di punta (vedere paragrafi 4.5 e 4.8). La rivastigmina può provocare un aumento delle secrezioni acide gastriche. È consigliabile particolare prudenza nel trattamento di pazienti con ulcera gastrica o duodenale in fase attiva o in pazienti predisposti. Gli inibitori delle colinesterasi devono essere prescritti con cautela a pazienti con anamnesi positiva di asma o broncopneumopatia ostruttiva. I colinomimetici possono causare o aggravare ostruzioni urinarie e crisi convulsive. Si raccomanda cautela nel trattamento di pazienti predisposti a questo tipo di disturbi. L’impiego di rivastigmina in pazienti con grave demenza di Alzheimer o demenza associata alla malattia di Parkinson, in altri tipi di demenza o in altri tipi di disturbi della memoria (es. declino cognitivo correlato all’età) non è stato oggetto di studio e pertanto si sconsiglia l’uso in queste popolazioni di pazienti. Come altri colinomimetici, la rivastigmina può aggravare o indurre sintomi extrapiramidali. Un peggioramento (comprendente bradicinesia, discinesia, andatura anormale) ed un’aumentata incidenza o gravità del tremore sono stati osservati in pazienti con demenza associata alla malattia di Parkinson (vedere paragrafo 4.8). Tali eventi possono, in alcuni casi, portare alla sospensione di rivastigmina (es.interruzione causata dal tremore nell’1,7% dei pazienti con rivastigmina contro lo 0% con placebo). Si raccomanda il monitoraggio clinico per queste reazioni avverse. Popolazioni particolari I pazienti con insufficienza renale o epatica clinicamente significativa possono riscontrare reazioni più avverse (vedere i paragrafi 4.2 e 5.2). La posologia deve essere accuratamente titolata a seconda della tollerabilità individuale. I pazienti con grave compromissione della funzionalità epatica non sono stati studiati. La rivastigmina può comunque essere utilizzato in questi pazienti ed è necessario un attento monitoraggio. I pazienti con peso corporeo inferiore a 50 kg possono manifestare più reazioni avverse e possono essere più facilmente costretti ad interrompere il trattamento a causa di reazioni avverse.
Interazioni
Essendo un inibitore della colinesterasi, la rivastigmina può aumentare gli effetti dei miorilassanti di tipo succinilcolinico durante l’anestesia. Si raccomanda cautela nella scelta degli anestetici. Se necessario, si possono prendere in considerazione aggiustamenti della dose o la sospensione temporanea del trattamento. Per i suoi effetti farmacodinamici e i possibili effetti additivi, la rivastigmina non va somministrata in associazione con altre sostanze colinomimetiche. Rivastigmina potrebbe interferire con l’attività di medicinali anticolinergici (es. ossibutinina, tolterodina). Effetti additivi che portano a bradicardia (che può determinare sincope) sono stati riportati con l’uso combinato di diversi betabloccanti (compreso atenololo) e rivastigmina. I betabloccanti cardiovascolari dovrebbero essere associati a un rischio maggiore, ma sono state ricevute anche segnalazioni relative a pazienti in trattamento con altri betabloccanti. Pertanto, si raccomanda cautela quando rivastigmina è utilizzata in combinazione con betabloccanti e anche con altri agenti bradicardizzanti (es. antiaritmici di classe III, antagonisti del canale del calcio, glicoside digitalico, pilocarpina). Poichè la bradicardia costituisce un fattore di rischio per l’insorgenza di torsione di punta, quando rivastigmina viene associata a medicinali che possono provocare torsione di punta come antipsicotici quali alcune fenotiazine (clorpromazina, levomepromazina), benzamidi (sulpiride, sultopride, amisulpride, tiapride, veralipride), pimozide, aloperidolo, droperidolo, cisapride, citalopram, difemanile, eritromicina e.v., alofantrina, mizolastina, metadone, pentamidina e moxifloxacina, si deve prestare cautela e può anche essere richiesto il monitoraggio clinico (ECG). In studi su volontari sani nessuna interazione farmacocinetica è stata osservata fra rivastigmina e digossina, warfarin, diazepam o fluoxetina. L’aumento del tempo di protrombina indotto da warfarin non è modificato dalla somministrazione di rivastigmina. Con la somministrazione concomitante di digossina e rivastigmina non sono stati osservati effetti indesiderati sulla conduzione cardiaca. Considerando il suo metabolismo, appaiono improbabili interazioni farmacometaboliche con altri medicinali, sebbene la rivastigmina possa inibire il metabolismo di altre sostanze mediato dalle butirrilcolinesterasi.
Effetti indesiderati
Sintesi del profilo di sicurezza Le reazioni avverse (ADR) segnalate più frequentemente sono di natura gastrointestinale e comprendono nausea (38%) e vomito (23%), soprattutto durante la fase di titolazione. Negli studi clinici le donne sono risultate più sensibili degli uomini alle reazioni gastrointestinali e alla perdita di peso. Elenchi delle reazioni avverse Le reazioni avverse in Tabella 1 e in Tabella 2 sono elencate secondo la classificazione MedDRA per sistemi e organi e per classe di frequenza. Le classi di frequenza sono definite utilizzando i seguenti parametri convenzionali: molto comune (≥1/10), comune (≥1/100 e <1/10), non comune (≥1/1.000 e <1/100), raro (≥1/10.000 e <1/1.000), molto raro (<1/10.000); non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). Le seguenti reazioni avverse, elencate in Tabella 1, si riferiscono a pazienti con demenza di Alzheimer trattati con rivastigmina. Tabella 1
Infezioni ed infestazioni | |
Molto raro | Infezioni urinarie |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | |
Molto comune | Anoressia |
Comune | Diminuzione dell’appetito |
Non nota | Disidratazione |
Disturbi psichiatrici | |
Comune | Agitazione |
Comune | Confusione |
Comune | Ansia |
Comune | Incubi |
Non comune | Insonnia |
Non comune | Depressione |
Molto raro | Allucinazioni |
Non nota | Aggressività, irrequietezza |
Patologie del sistema nervoso | |
Molto comune | Capogiri |
Comune | Cefalea |
Comune | Sonnolenza |
Comune | Tremori |
Non comune | Sincope |
Raro | Crisi convulsive |
Molto raro | Sintomi extrapiramidali (incluso un peggioramento della malattia di Parkinson). |
Patologie cardiache | |
Raro | Angina pectoris |
Molto raro | Aritmia cardiaca (es. bradicardia, blocco atrio–ventricolare, fibrillazione atriale e tachicardia) |
Non nota | Sindrome del nodo del seno |
Patologie vascolari | |
Molto raro | Ipertensione |
Patologie gastrointestinali | |
Molto comune | Nausea |
Molto comune | Vomito |
Molto comune | Diarrea |
Comune | Dolore addominale e dispepsia |
Raro | Ulcera gastrica e duodenale |
Molto raro | Emorragia gastrointestinale |
Molto raro | Pancreatite |
Non nota | Alcuni episodi di vomito di grado severo sono stati accompagnati da rottura esofagea (vedere paragrafo 4.4) |
Patologie epatobiliari | |
Non comune | Alterazione dei test di funzionalità epatica |
Non nota | Epatite |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | |
Comune | Iperidrosi |
Raro | Rash cutaneo |
Non nota | Prurito, dermatite allergica (disseminata) |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | |
Comune | Fatica ed astenia |
Comune | Malessere |
Non comune | Cadute |
Esami diagnostici | |
Comune | Perdita di peso |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | |
Comune | Diminuzione dell’appetito |
Comune | Disidratazione |
Disturbi psichiatrici | |
Comune | Insonnia |
Comune | Ansia |
Comune | Irrequietezza |
Comune | Allucinazioni visive |
Comune | Depressione |
Non nota | Aggressività |
Patologie del sistema nervoso | |
Molto comune | Tremori |
Comune | Capogiri |
Comune | Sonnolenza |
Comune | Cefalea |
Comune | Malattia di Parkinson (peggioramento) |
Comune | Bradicinesia |
Comune | Discinesia |
Comune | Ipocinesia |
Comune | Rigidità a ruota dentata |
Non comune | Distonia |
Patologie cardiache | |
Comune | Bradicardia |
Non comune | Fibrillazione atriale |
Non comune | Blocco atrioventricolare |
Non nota | Sindrome del nodo del seno |
Patologie vascolari | |
Comune | Ipertensione |
Non comune | Ipotensione |
Patologie gastrointestinali | |
Molto comune | Nausea |
Molto comune | Vomito |
Comune | Diarrea |
Comune | Dolore addominale e dispepsia |
Comune | Ipersecrezione salivare |
Patologie epato–biliari | |
Non nota | Epatite |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | |
Comune | Iperidrosi |
Non nota | Dermatite allergica (disseminata) |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | |
Molto comune | Cadute |
Comune | Fatica ed astenia |
Comune | Disturbi all’andatura |
Comune | Andatura parkinsoniana |
Eventi avversi predefiniti che potrebbero rispecchiare un peggioramento dei sintomi parkinsoniani in pazienti con demenza associata alla malattia di Parkinson | Rivastigmina N (%) | Placebo N (%) |
Totale pazienti studiati | 362 (100) | 179 (100) |
Totale pazienti con eventi avversi predefiniti | 99 (27,3) | 28 (15,6) |
Tremore | 37 (10,2) | 7 (3,9) |
Cadute | 21 (5,8) | 11 (6,1) |
Malattia di Parkinson (peggioramento) | 12 (3,3) | 2 (1,1) |
Ipersecrezione salivare | 5 (1,4) | 0 |
Discinesia | 5 (1,4) | 1 (0,6) |
Parkinsonismo | 8 (2,2) | 1 (0,6) |
Ipocinesia | 1 (0,3) | 0 |
Disturbi del movimento | 1 (0,3) | 0 |
Bradicinesia | 9 (2,5) | 3 (1,7) |
Distonia | 3 (0,8) | 1 (0,6) |
Andatura anormale | 5 (1,4) | 0 |
Rigidità muscolare | 1 (0,3) | 0 |
Disturbi dell’equilibrio | 3 (0,8) | 2 (1,1) |
Rigidità muscolo–scheletrica | 3 (0,8) | 0 |
Irrigidimento | 1 (0,3) | 0 |
Disfunzioni motorie | 1 (0,3) | 0 |
Gravidanza e allattamento
Gravidanza In animali gravidi, rivastigmina e/o i suoi metaboliti hanno attraversato la placenta. Non è noto se questo accada nell’uomo. Non sono disponibili dati clinici relativi a gravidanze esposte. In studi peri/postnatali nel ratto, è stato osservato un aumento del tempo di gestazione. Rivastigmina non deve essere usata durante la gravidanza, se non in caso di assoluta necessità. Allattamento al seno Negli animali, la rivastigmina viene escreta nel latte. Non è noto se la rivastigmina sia escreta nel latte umano e quindi le donne trattate con rivastigmina non devono allattare. Fertilità Non sono stati osservati effetti avversi di rivastigmina sulla fertilità o sulla capacità riproduttiva nei ratti (vedere paragrafo 5.3). Non sono noti gli effetti di rivastigmina sulla fertilità dell’uomo.
Conservazione
Non conservare a temperatura superiore ai 30° C.